Cannes 2016, I FAVORITI alla Palma d’oro

Banniäre carrÇe rougeOrmai ci siamo. Solo poche ore ci separano dalla Palma d’oro di questo Cannes 69. L’apertura della serata, condotta da Laurent Lafitte (presente in Elle di Paul Verhoeven), e alle 19,15 e il vincitore presumibilmente lo sapremo verso le 20. Dipende da quanto stringata o meno sarà la cerimonia, che l’anno scorso, modellandosi sulla notte degli Oscar, purtroppo incluse qualche incongruo numero ballato-cantato che allungò di un bel po’ i tempi. Naturalmente impazzano le predicitions, filtrano rumors più o meno attendibile (più meno che più) su quale film si porterà casa il premio maggiore assegnato dalla giuria presieduta da George Miller, che proprio qui lanciò l’anno scorso il suo Mad Max: Fury Road, e composta dalla nosra Valeria Golino, da Kirsten Dunst, Mads Mikkelsen, Arnaud Desplechin (l’anno scorso esiliato con il suo Trois souvenirs de ma jeunesse alla Quinzaine e quest’anno riaccolto a braccia aperte), Laszlo Nemes (il regista di Il figlio di Saul), Donald Sutherland, Vanessa Paradis e Katayoon Shahabi, promotrice e produttrice del miglior cinema iraniano. Concorso con molte eccellenze, ma nessuno film assoluto che si elevi di parecchio sopra gli altri com’è successo qualche anno fa con Amour e La vie d’Adèle. Il che rende difficile ogni previsione, perché sono almeno dieci (su 21) i titoli che possono vincere.

I FILM FAVORITI
Tutti gli stranieri, compatti, dicono il tedesco Toni Erdmann di Maren Ade. Spero si sbaglino: l’ho detestato. Solo che dalla sua ha la solita trama anticapitalistica che alle giuri festivaliere piace sempre, e il fatto di essere diretto da una regista donna: la micidiale combinazione politicamente corretta delle due cose sembra fatta apposta per una palma. Tocchiamo ferro. Pure favorita in-quanto-donna anche Andea Arnold con il suo American Honey, che almeno, pur nella sua discontinuità e fragilità narrativa, è un buon film. Ben piazzati i due magnifici rumeni, Baccalaureat di Cristian Mungiu (il mio preferito) e Sieranevada di Cristi Puiu. Qualche chance per lo squisito Paterson di Jim Jarmusch, qui adorato dai jeunes criques, qualche chance in più per l’iraniano Asghar Farhadi e il suo Forushande, non all’altezza del capolavoro Una separazione ma dignitosissimo. Possibile sorprese: il controverso, fischiatissimo The Neon Demon di Refn, che potrebbe però aver sedotto il presidente George Miller, e Loving di Jeff Nichols, uno di quei film che, in una giuria magari paralizzata dai veti incrociati e divisa in bande rivali, sono in grado di mettere tutti d’accordo e creare le necessarie convergenze. Ma potrebbe succedere di tutto, anche che la palma per dire vada a Ma’ Rosa di Brillante Mendoza e perfino a Julieta. Non proprio il miglior Almodovar, ma sarebbe un risarcimento tardivo per quando avrebbero dovuto premiarlo e non l’hanno fatto.

MIGLIORE ATTORE
Il meglio piazzato è Adam Driver per Paterson di Jim Jarmusch, segue il Joel Edgerton di Loving. Purtroppo incombe sui due la minaccia di Peter Simonischeck, il padre scocciatore di Toni Erdmann: tutta la stampa euroamericana ne è rimasta estasiata. Ma si sa, le giurie amano cavar fuori nomi perlopiù sconosciuti che spesso, dopo il premio incassato, rientrano nell’ombra. E allora occhio agli attori dei due film rumeni, e poi a Dave Johns, il protagonista di I, Daniel Blake di Ken Loach e all’iraniano Shahab Hosseini di Forushande.

MIGLIORE ATTRICE
Chi mai riuscirà a togliere il premio dalle mani della strafavorita Sonia Braga? Un’icona del cinema brasiliano che nel pur mediocre Aquarius è semplicemente travolgente. Certo, ci sarebbe Isabelle Huppert, stratosferica per cinismo e feroce ironia in Elle di Paul Verhoeven, ma è difficile che ce la faccia contro Braga che ha dalla sua un ruolo più simpatico e piacione. Terza della lista Adèle Haenel del dardenniano La fille inconnue. Tagliata fuori la Marion Cotillard di Mal de pierres e di Juste la fin du monde, dov’è la più brava di tutti, ma confinata in un ruolo minore non premiabile. Piuttosto potrebbe saltar fuori un ex aequo tra le due almodovariane Bianca Suarez e Adriana Ugarte. Possibili sorprese: la Ruth Nagga di Loving, la Kristen Stewart del poco amato Personal Shopper, la Jaclyn Rose di Ma’Rosa. Già, dimenticavo la Sandra Hüller di Toni Erdmann: se non danno un premio grosso al film, potrebbe finire a lei quello di migliore attrice. Una chance, ma proprio una sola, la potrebbe avere la Valeria Bruni Tedeschi di Ma Loute.

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