A Girl Walks Home Alone at Night di Ana Lily Amirpour. Con Sheila Vand, Arash Marandi, Mozhan Marnò, Dominic Rains. Usa 2014.
Distribuito da Academy Two nel pacchetto chiamato Nuovo Cinema Teheran. Solo che questo film è sì in lingua farsi, è sì ambientato in una (immaginaria) città iraniana, ma col cinema dei Farhadi e dei Kiarostami non c’entra niente. Perché la regista, figlia della diaspora iraniana post-Scià, vive in America, e in America ha girato questo suo bellissimo primo film dedicandolo alla sua cultura d’origine. Film ambientato in una fosca Bad City dove si aggirano un’inquieta ragazza vampira e altre presenze demoniache. Ultra-sofisticato. Denso di omaggi a molto cinema del passato, italian western compreso. Imperdibile. Voto 8
Film di cui la stampa anglofona ha molto parlato e che negli Stati Uniti – dov’è stato realizzato, e lanciato al solito Sundance – è diventato un caso, e un culto, salutato come uno degli esordi più interessanti della decade. Adesso A Girl Walks Home Alone at Night arriva inaspettatamente, anche se con un ritardo di un paio d’anni, nelle nostre sale meritoriamente distribuito da Academy Two che l’ha incluso in un pacchetto assai interessante chiamato Nuovo Cinema Teheran, e son quattro film in lingua farsi, di cultura iraniana, che dovrebbero darci il senso e il polso di quel che succede là nel cinema. La scorsa settimana s’è incominciato con Un mercoledì di maggio visto l’anno scorso a Venezia a Orizzonti, si prosegue con questo A Girl Walks Home Alone at Night e quindi con Nahid (premiato a Cannes/Un certain regard 2015) e il sorprendente e anomalo, soprattutto per gli standard iraniani, A Dragon Arrives! dato in febbraio in concorso alla Berlinale. Bene, una rassegna che merita la massima attenzione e proprio da non perdere, e però bisognerà pur dire che in questo poker A Girl Walks Home Alone at Night è presenza alquanto incongrua. Perché è sì girato in persiano, e ambientato in un’immaginaria città iraniana, ma è il puro frutto del talento di una giovane regista americana, certo figlia di iraniani in esilio, certo assai legata alla cultura d’origine, ma che con l’attuale cinema di Teheran non c’entra niente (Ana Lily Amirpour è nata nel 1980 in Inghilterra, poi con la famiglia ha vissuto a Miami e in California). Ma, comunque la si guardi, che sia o non sia puro cinema iraniano, si merita tutto questa storia di vampiri molto, molto speciale che prende il genere draculesco e lo piega al cinema più rarefatto e elegante, all’autorialità più colta e radicale. Citazionismo. Cinema sul cinema. A Girl Walks Home Alone at Night è parlato in persiano, e sono in persiano tutte le scritte che compaiono (in alfabeto arabo), comprese le targhe della macchine. Le donne portano il velo, e la protagonista succhiasangue un velo nero da chador. Solo che Una ragazza cammina da sola verso casa la notte (che bel titolo) è stato tutto girato in California. Dunque, non l’Iran degli imam (di cui forse il film è una metafora), ma la California che si finge l’Iran fotografata in rigoroso e bellissimo bianco e nero, tutta di paesaggi astratti, centrali energetiche sbuffanti fumi e vapori, treni metafisici nella notte, foreste di pozzi petroliferi, dirupi a bordostrada pieni di cadaveri che sembran le fosse degi appestati medievali. Siamo in un luogo chiamato fin troppo emblematicamente Bad City, abitato da creature insane, sprofondate oltre i bordi della normalità, e chi lo è, diciamo così normale, come il bravo ragazzo protagonista, non può alla fine che scendere a patti con quei demoni, con quegli spettri. Un vecchio padre eroinamene, il pusher che lo ricatta e man mano gli toglie tutto, una prostituta tosssica, il ricordo di una moglie morta. E lei, la misteriosa ragazza che cammina sola di notte in chador ed è una vampira. Lunghi silenzi, e molti omaggi alla Nouvelle Vague, a Antonioni, agli spaghetti western, con una clamorosa musica che cita e rifà devotamente Ennio Morricone. Bellissimo a vedersi. Un po’ meno forte la struttura narrativa, il vero punto di fragilità dell’intera operazione. Per dire: la vampira colpisce le sue vittime a caso, senza un perché, attaccando alcuni ma misteriosamente risparmiando altri. Ma il film è così bello che gli si perdonano parecchie imperfezioni. Scena di culto: la prostituta che, mentre si china sul pusher a fargli un pompino, si aggiusta i capelli sotto il velo. Nota: l’anno scorso al festival di Rotterdam m’è toccato vederlo in VO, cioè in persiano, con sottotitoli in olandese. Inglese zero. Grazie a Dio i dialoghi sono scarni, e conoscendo un po’ di tedesco, cui l’olandese somiglia (diciamo che ne è una versione semplificata), son riuscito ad arrangiarmi. Però non si fa, sant’Iddio. Probabilmente erano convinti che il film, di produzione Usa, fosse in inglese. Non era il caso di dargli un’occhiata un po’ più attenta? Certo, son cose che possono succedere anche ai migliori festival, ma se fosse stato proiettato a Venezia un film in persiano con sottotitoli solo in italiano sarebbe venuto giù il mondo e chissà lo scandalo autoflagellatorio sui giornali nostri, e chissà la stampa internazionale.
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