Jeunesse, un film di Julien Saman. Con Kevin Azaïs, Samir Guesmi, Jean-Françoi Stévenin. Franci-Portogallo 2016. Concorso internzionale.
Un ragazzo si imbarca a Le Havre come mozzo su un cargo per conoscere il mondo, e provare a sé e agli altri di essere un uomo. Un classicissimo coming-of-age con avventura sulle onde che ci riporta a Stevenson, Melville, Conrad. Così classico che non si capisce perché il regista abbia voluto girare oggi, qui e ora, un film così inattuale. Comunque, se si dimentica l’effetto Rete Capri che le prime inquadrature ti comunicano (nel senso si cinema retrò), Jeunesse ha la sua piacevolezza. E poi c’è il sempre ottimo Kévin Azaïs. Voto tra il 5 e il 6
Un ragazzo senza molta voglia di impegnarsi nel mondo, almeno nel suo mondo che è la Francia di oggi, vuole imbarcarsi su una nave. Per conoscere cosa ci sta al di là dell’orizzonte, per mettersi alla prova, perché affascinato dall’avventura e dai posti esotici di cui ripete il nome come un mantra. Dite che l’abbiamo hgià sentita e vista questa storia? Come no. In uno di quei racconti marinari ottocenteschi tra Stevenson, Conrad, Melville. Con il giovane mozzo che se le deve vedere con i flutti e le tempeste, ma anche, soprattutto, con ciurme minacciosissime e capitani e sottocapitani carogna. Ecco, vedendo questo film scorrere sullo schermo del Kursaal mi sembrava di ripiombare in quelle remote avventure, che magari capota di ritrovare in bianco e nero su Rete Capri, la tv più vintage e retro-orientata che c’è. Invece, a produrre Jeunesse c’è il portoghese Paulo Branco, marchio di garanzia del cinema autorial-indipendente europeo, e dentro c’è un cast assai chic. Con in testa il sempre incantevole Kevin Azaïs (Les combattents, Ni le ciel ni la terre), perfetto pe ri ruoli di soldatino o come in questo caso di marinaretto, e poi Samir Guesmi appena visto in L’effet aquatique, e l’attore-autore di lungo corso Jean-François Stévenin, un ensemble che sarà di sicuro piaciuto alla stampa francese più branché e bo-bo (saran stati loro gli applausi ieri in proiezione stampa?). Ma la somma di tanti indubbi talenti, e di tanta gente adusa a bordeggiare il cinema più indipendente e arrischiato, non basta a salvare questo film dall’impressione del déjà-vu e dall’assoluta inattualità. Possibile che oggi un ragazzo voglia ancora andare per mare come mozzo per scappare via e scoprire il mondo? Possibile che il passaggio per l’età adula e i relativi riti di iniziazione consistano ancora nel combattere i marosi e le tempeste? Oltretutto in corso di narrazione non ci viene risparmiato nessun cliché del genere marinaro con marinaretto e capitani più o meno coraggiosi. L’ingenuità del novizio, che si aspetta un ruolo da protagonista sulla nave (in questo casi un cargo battente bandiera panamense assai malmesso, e che di nome fa Judée) e vien mandato invece a pulire e riverniciare. L’ostinazione fino all’ottusità del vecchio capitano che rischia di mettere repentaglio la vita di tutti. L’oscuro passato dei compagni. Zico, così si chiama il francesino imabrcatosi a Le Havre su quel cargo che ha per destinazione l’Angola, dovrà naturalmente vedersela con il torvo capitano in seconda, mentre farà amicizia con un africano di nome Moctar. Amicizia virile, da caserma, da ciurma, sena il minimo sottinteso omoerotico. Poi succede tutto quello che ti aspetti succeda in un film così. La tempesta perfetta e possente, la sala macchine che imbarca acqua, perfino un incendio. Con il nuovo arrivato ormai diventato adulto e marinaio esperto che se la prende con i superiori rei a suo dire di codardia e quant’altro, e sembra L’ammutinamento del Bounty. Che dire? Se si dimentica l’effetto Rete Capri e film parrocchiale anni Ciqunata, ci si diverte anche (moderatamente). Certo non si capisce il perché dll’operazione, visto che non c’è traccia di voluto, consapevole citazionismo. Questo non è metacinema, signori, è solo cinema non sincronizzato sul proprio tempo. Però c’è Kévin Azaïs, uno degli attor giovani più simpatici e bravi in circolazione, con la sua virilità sempre un po’ fragile e senza iattanza. Potrebbe portarsi via il premio di migliore attore. Nota: incredibilmente il film di culto di Zico e del so amico Moctar è un vecchio musicarello del 1961 di Pieri Vivarelli, Io bacio… tu baci, con Mina che ci canta una pazzesca, urlata e rockeggiante versione di Serafino campanaro. Ed è la vera sorpresa di questo Jeunesse.
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