Las Lindas, un film di Melisa Liebenthal. Argentina. Sezione: Torino 34 Concorso).
Una giovane regista argentina recupera foto e video di infanzia e adolescenza del suo gruppo di amiche. Per capire come l’essere belle o no abbia influito sulle loroe vite. Ma non si va oltre l’amarcord collettivo. e un pensiero piatto da magazine femminile. Voto 4
Pomposamente promozionato come un documentario al femminile – lo firma l’argentina Melisa Liebenthal – che si interroga e fa interrogare lo spettatore (anche maschio, ovvio) su cosa sia la bellezza, su come venga usata come arma di discriminazione di massa (in primis per le donne). E come influisce sull’autopercezione del sé femminile. In realtà, una cosa modesta con cui l’autrice ripercorre la minuscola storia del gruppo di amiche anzi amichette sue, da quando si sono conosciute in età scolare fino all’ingresso nella vita adulta. E lo fa parlando dei propri ricordi, interpellando le amiche, soprattutto mostrando foto e video da lei, ma non solo da lei, scattate e girati. In fondo, niente di più di un album di ricordi di un pugno di ragazze che son state molto vicine, si son volute bene, un po’ si sono detestate, si sono magari allontanate per poi ritrovarsi e riabbracciarsi. Vale a dire un qualcosa che è stato sperimentato nel tempo dell’adolescenza da tutta l’umanità, dalla parte maschile come da quella femminile. Solo che nessuno di noi raccoglie le sue foto e gli eventuali video e li manda un festival, nella giusta consapevolezza che non gliene freghi a nessuno. Come non interessa a nessuno difatti questo Las Lindas, Le belle. Vero è che la voce off di Melisa Liebenthal, onnipresente, onnisciente, onnispiegante, onnipervasiva, dilagante, ce la mena con i diversi ‘vissuti (che parola orrenda, madonnamia) delle lindas e delle feas, delle belle e delle brutte insomma. E indovinate di quale categoria si sentisse parte la regista? Naturalmente ci dobbiamo pure l’amica strafiga, diventata difatti modella, e desiderata da tutti i maschi della contrada, confessare di non essersi mai sentita bella, idi come anzi si snetisse piena di imoperfezione a cospoetto di mammà, lei sì deisderatissim adgli uomini. Insomma, anche le belle piangono, dunque non c’è da disperarsi pare essere il profondissimo messaggio del film. Il quale se la tira da riflessione sul potere della bellezza e le dsgrazie della bruttezza rimasticando però le formule semplificat e consolatorie dei femminili. Si sprofonda nella noia e si pensa che si sarebbe potuto utilmente impegnare il tempo con un altro dei film dello sterminato programma torinese, o prendersi uno zabaione alla rinomata pasticceria Ghigo, o andarsi a vedere la piena del Po. Tutto, ma l’album delle amiche no.
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