Lawrence d’Arabia, Paramount Channel, ore 21,10. Sabato 3 dicembre 2016.
Potevo esimermi dal segnalare Lawrence d’Arabia? Vale a dire il film che ha fatto per un bel po’ da immagine-logo di questo blog, prima che virassi sull’attuale Apichatpong Weerasethakul di Cemetery of Splendour. Oltretutto l’epic di David Lean, anno 1962, resta di folgorante attualità per via dello scacchiere geopolitico in cui si muove il suo protagonista, quel Medio Oriente, quel mondo arabo e islamico che sono ancora oggi al centro della nostra attenzione (e preoccupazione). Fu un un diluvio di Oscar, sette per l’esattezza, compresi quelli al miglior film e alla migliore regia. Non lo vinse invece Peter O’Toole, che l’avrebbe ampiamente meritato. Un’interpretazione entrata nella storia del cinema, e tanto basti. Con lui la star egiziana Omar Sharif che trovò qui la sua occasione per farsi conoscere da Europa e America.
Immensa avventura, immenso spettacolo, personaggi bigger than life. Eppure quella raccontata dalla colossale opera di David Lean è storia vera, anche se la fedeltà ai fatti e alle persone è stata nel corso del tempo messa in discussione, anche se tra la realtà e la sua rappresentazione si è (giustamente, inevitabilmente) insinuato il romanzesco. Lawrence è Thomas Edward Lawrence, eccentrico signore inglese dell’inizio Novecento attratto dall’azione, dall’eroico, dalla dimensione titanica dell’esistere, dall’andare oltre se stessi e forse oltre l’umano, verso l’über umano. Quando in un Impero Ottomano agonizzante le province arabe – le terre che grossomodo ora si chiamano Arabia Saudita, Iraq, Giordania, Siria, Territori Palestinesi – covano la ribellione e la voglia di indipendenza dalla Sublime Porta di Costantinopoli, lui, inglese, cavalca quell’onda, si schiera con le tribù beduine in rivolta contro i Turchi, diventa da perfetto inglese creatura dei deserti e delle sabbie adottando i modi, gli stili di vita, gli abiti di quei popoli. Diventando (apparentemente almeno) arabo tra gli arabi. Lawrence d’Arabia. Appoggerà e capeggerà i rivoltosi, portandoli alla conquista di piazze strategiche e territori in mano ai turchi. Ora gli storici si chiedono se l’abbia fatto per dedizione disinteressata alla causa e per dare carne e materia e vita ai sogni eroici di cui si era sempre nutrito, o se sia stato un agente inglese al servizio del suo paese, incaricato di pilotare e incanalare la ribellione araba e anti-ottomana nella sfera d’influenza britannica. Forse le due cose non si escludevano, e il film sembra cavalcarle entrambe. Ma noi siamo spettatori, e noi vogliamo godere dello spettacolo che il film di David Lean ancora oggi sa darci. Pensando magari a quanto sta succedendo adesso da quelle parti con l’eterna guerra civile in Siria, l’Iraq in cronica instabilità, un Kurdistan di fatto autonomo, un Isis ancora saldamente installato, Iran sempre più influente in tutta l’area, fattori e attori che stanno ridisegnando una mappa e equilibri geopolitici che proprio Lawrence con le sue impresi aveva contribuito a disegnare e definire e che ormai sono al collasso.
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