
Foto courtesy Berlinale
Casting, un film di Nicolas Wackerbarth. Con Andreas Lust, Andreas Lust, Ursina Lardi. Germania. Sezione Forum.

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In occasione del 75esimo anniversario di Fassbinder si gira per la tv tedesca il remake di Le lacrime amare di Petra Von Kant. Ma tutte le candidate al ruolo principale vengono bocciate dalla inflessibile regista. E comincia, tra un provino e l’altro, a serpeggiare il nervosismo. Diligente ‘prima-della-prima’ con tutto il repertorio del genere. Con due o tre momenti interessanti che lasciano intuire quel che il film sarebbe potuto essere e non è diventato. Se solo il regista (di Casting) fosse stato più fassbinderiano. Voto 6+

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Anche se il festival ha aperto ufficialmente stasera con la proiezione in gran pompa al palast di Django, i press screening in realtà sono cominciati già stamattina e sono andati avanti per tutto il giorno. Sicché il mio primo film di questa Berlinale è stato il tedesco Casting. L’anno scorso ci toccò il misterioso, ipnotico e ben più ostico Havarie (che poi avrebbe fatto carriera in altri festival, quello di Torino compreso), camera fissa per ottanta minuti sulle immagini video del naufragio di un barcone nel Mediteraneo. Barcone di povericristi clandestini. Era di Forum, la sezione più radicale e sperimentalista del festival. E di Forum è anche questo Casting, e però film più classico e meno distanziante di Havarie, anche più gradevole (difatti applausi alla fine, anche se non travolgenti). Si parla di audizioni (funzionano parecchio al cinema di questi tempi, vedi quelle ripetute, e tutte troncate da un no tranne quella decisiva, di Mia/Emma Stone in La La Land) per un remake della tv tedesca nientedimeno che di Le lacrime di Petra Von Kantf di Fassbinder messo in cantiere per celebrarne i 75 anni (di RWF). Cercasi disperatamente la protagonista, signora borghese e elegante che perde la testa per una ragazzetta da poco, le audizioni si susseguono, ma la regista, un tipo assai severo ed esigente che viene dal documentario, non è mai contenta. Vengono tutte scartate, tra l’esasperazione della troupe e della produzione, anche perché mancano pochi giorni alle riprese (insomma, un classico). Prove e provini bollenti, scazzi, nervosismi, rivalità, e tensioni private che si riverberano sul professionale e anche il contrario, tutto assai già visto anche se diligentemente riproposto e ben rinfrescato. La star volgarissima e rifattissima (labbra-canotto, zigomacci) che la produzione ha scelto viene rifiutato dalla regista (e però, nella scena della minaccia e della vendetta promessa tira fuori le unghie e fa capire come dietro a tutta quella chirurgia plastica ci sia un’attrice vera). Il mite e fin troppo disponibile Herwig, cui è destinata una robuccia collaterale nel dramma (un fattorino), sostituisce nelle estenuanti prove l’attore che sarà Karl, il marito mantenuto e pure traditore di Petra, illudendosi che la parte sarà sua. Tutto il repertorio del dietro le quinte prima-della-prima con relative isterie (qui mancano cinque giorni al primo ciak) è rispettato e teutonicamente, fedelmente riprodotto. Con steadycam a riconcorrere e imprigionare in movimenti avvolgenti i personaggi, che fa tanto cinema del reale. Lo si segue volentieri, Casting, ma ci si aspetta il graffio che lo sottragga alla convenzione, e che fatica ad arrivare. Lo si sfiora, il colpo d’ala, in due-tre scene, quando la rappresentazione sembra prevalere sulla vita e ingoiarla, quando la finzione non riproduce, ma produce la realtà. Il buon Herwig che, dovendo sostenere in prova la parte di Petra, la spinge con Karl (il marito fedifrago) fino a un’esplicitissima omosessualità. O quando la regista agisce come l’autoritaria Petra, quasi calandosi nella sua protagonista, chiedendo a Herwig di portarle le scape e di baciarle. Sono momenti che sospendono la prevedibilità della narrazione e aprono altri abissi, altre possibilità di senso, un altro possibile film. Se Casting fosse stato così, se il suo regista fosse stato più convinto, più deciso, più crudele, più fassbinderiano.
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