Berlinale 2017. Recensione: SAGE FEMME non è gran cosa, ma Catherine Deneuve è immensa

Sage Femme, un film di Martin Provost. Con Catherine Deneuve, Catherine Frot, Olivier Gourmet, Quintain Dolmaire, Mylène Demongeot. Competition (Out of Competition)
201715212_2L’incredibile amicizia e alleanza tra una quieta signora di mestiere ostetrica e la travolgente ex amante del padre. Che è Catherine Deneuve, irresistibile nella parte di chi ha dissipato la sua vita tra amori, champagne e tavoli da gioco e non se n’è mai pentita. Finale con le lacrime. Deneuve leggendaria. Sarà un successo internazionale, anche se il film è poca cosa. Voto al film 5, voto a Catherine Deneuve 10.
201715212_1Il film è niente, ma signori, c’è Catherine Deneuve, immensa, in uno di qei ruoli che posono portare un’attrice – se le cose si infilano nel modo giusto – a ogni premio possibile e che commuoveranno le signore di tutte le platee del mondo. Deneuve è Deneuve, una leggenda del cinema, un simbolo della Francia, eppure con quanta leggerezza e grazia, e mai tirandosela, mai mettendola giù dura (imparate ragazze, imparate!), continua  a mettersi in gioco, ad arrischiare ruoli e film. Qui è oltre tutto e tutti, stratosferica ecco. E la pur brava Catherine Frot (Marguerite, La cuoca del presidente), che sarebbe sulla carta la vera protagonista, non può che scostarsi di fronte a lei e farle da spalla, porgerle le battute. Claire è ostetrica – in fancese sage femme (chissà, forse un residuo lessicale di quando le donne sapienti facevano nascere i bambini e curavano gli adulti, figure poi spazzate via dalla caccia alle streghe) – in un piccolo ospedale pubblico nella banlieu parigina, ha un figlio ventenne che ha tirato su da solo, una madre che non vede mai. Riceve una telefonata inattesa, è Béatrice, la donna che fu nei lontani annu Settanta l’amante del padre, campione di nuoto troppo presto scomparso. Cosa vorrà mai? C’è un cauto incontro, Claire fatica a prendere le giuste misure con quella sconosciuta che ha avuto però tanta parte nella sua vita. Non sa come maneggiarla, quella signora all’apparenza vitalissima, di quelle che hanno dissipato senza pentimenti la loro vita al tavolo da gioco e in varie fatuità, una donna dai molti amori che ha vissuto e soltanto vissuto: questo il suo lavoro, la sua missione, la sua vocazione. Ed è Catherine Deneuve. Certo, a pensarci bene, il suo personaggio (che lei sa rendere travolgente e umanissimo) di finta contessa polacca e vera proletaria parigina sembra venire dalla Belle Epoque, come le sue frequentazioni da avvanturiera di Biarritz e Montecarlo, e da Belle Epoque è il suo consumarsi nella frivolezza, in una vita senza pensieri per il domani fatta di champagne e gioielli, peraltro prontamente venduti o impegnati per far fronte ai debiti di gioco. Ma non stiamo qui a sottilizzare, anche se improbabile Béatrice è un gran personaggio (e quando va nelle bettole dove si gioca clandestinamente à magnifica, una rosa nel fango). Se Claire è una sage femme, anche nel senso letterale di donna saggia e prudente e razionale, Béatrice è il suo opposto. Si scoprirà ben presto che ha un tumore che non ha più soldi, che ha cercato di rintracciare il padre di Claire credendolo ancora vivo sperando nel suo aiuto. Sarà complicato, per due donne così diverse, trovare un punto di intersezione. Soprattutto è dura per la signora che fa l’ostetrica accettare colei che le portò via da casa il padre, e che anche adesso, da malata, da povera, non rinuncia al suo egocentrismo e alla sua fatua gaiezza. Ma l’impossibile diventerà possibile. Deneuve è ma nifica quale vieille dame indigne ancora bellissima e sempre dominatrice. Se questo film, che non è gran cosa, che è il classico dramedy alla francese, imbocca il corridioio giusto, pioveranno premi sulla testa di Catherine. Occhio, c’è un’altra gloria del cinema francese anni Sessanta, anche se non della consistenza della Deneuve, ed è Mylène Demongeot.

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