Ninotchka di Ernst Lubitsch, con Greta Garbo. Tv 2000, ore 23,10. Sabato 4 marzo 2017.
Pura propaganda anticomunista-antisovietica di Hollywood, però grazie a Dio secondo Ernst Lubitsch (che firma la regia) e secondo Billy Wilder (coautore della sceneggiatura), due geni della commedia. E il risultato – era l’anno 1939 – non poteva che essere dalle parti del capolavoro. Con una Greta Garbo che si concede gaia alla leggerezza e alla grazia lubitschiane dopo tante eroine tragiche, tant’è che il film fu lanciato con il claim ‘Garbo ride!’. Lo schema narrativo, che verrà poi replicato infinite volte (da La sottana di ferro con Katharine Hepburn a Danko con Schwarzegger), è quello dei comunisti duri e tosti che, mandati in missione da Mosca nel vizioso Occidente capitalista, ne apprezzeranno lussi e lussurie decadenti. Prefigurando profeticamente la caduta dell’Urss nel fatale 1989 e anni immediatamente seguenti, implosa per consunzione interna, ma anche per i richiami esercitati dalle sirene capital-consumistiche tramite tv sui popoli dell’impero sovietico.
Dietro la frivolezza e l’ironia lubitsch-wilderiane c’è una visione politica, con dentro tutto il disincanto, se non il cinismo, di chi si era nutrito delle culture berlinesi e viennesi e quel lucido sguardo centroeuropeo sulla realtà e sulla storia non aveva mai dismesso. Anni Trenta. L’Unione Sovietica che ha ormai dimenticato e sepolto ogni dolcezza del vivere di prima della rivoluzione, manda a Parigi tre suoi uomini incaricandoli di vendere i gioielli confiscati a suo tempo a una granduchessa. Solo che durate la missione i tre cederanno alle seduzioni parigine fatte di champagne, joie de vivre e belle ragazze. Per riportarli sulla retta via arriva da Mosca la severea commissaria del popolo Ninotchka, ogni traccia di femminilità e fragilità cancellate e nascoste sotto la rigida uniforme del partito. E però anche su di lei il luccicante mondo borghese eserciterà il suo fascino attraverso i modi ekeganti del viveur Leon. Di cui Ninotchka si innamorerà.
La satira del grigio conformismo sovietico è salutare e irresistibile, uno sberleffo al totalitarismo. Champagne contro trattori, piani quinquennali e kolkoz. Meravigliosa Garbo, e a Melvyn Douglas tocca al solito il ruolo del seduttore (qui anche sedotto). Capolavoro. Per l’eleganza del tocco e i dialoghi semplicemente sublimi. Vedere. Imparare.
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