Il cielo può attendere di Ernst Lubitsch, Rete Capri, ore 22,30. Martedì 18 aprile 2017.
Facile confonderlo con Il paradiso può attendere, interpretato e pure diretto da Warren Beatty nei tardi anni Settanta. Ma questo Heaven Can Wait viene parecchio prima, nel 1943, racconta tutt’altra storia e soprattutto porta la firma dal peso massimo della commedia cinematografica di sempre, Herr Ernst Lubitsch. Un regista da guardare, riguardare, per divertirsi ancora, per capire (e magari copiare) come si governano i meccanismi complessi della commedia perfetta. Quando vien realizzato Il cielo può attendere è tempo di guerra. Ma L. continua a girare nel suo felice escapismo, preferendo divertire e divertirsi, anche se qui il tema della morte è centrale (e siano gli indagatori dell’inconscio a decifrarne il perché, e perché proprio in quel tempo, in quell’anno). Dunque: un signore che ha molto amato le donne o meglio, che ne ha amato davvero solo una ma ne ha rincorse troppe, a 70 anni lascia questa valle di lacrime (sotto lo sguardo di una bella infermiera) e si ritrova nell’anticameta dell’al di là e di quello che pensa sia l’inferno. Di fronte a un signore cui spetta di decidere dove mandarlo, lui e la sua anima, per l’eternità, il nostro comincia a raccontare la sua storia. I vent’anni, l’inamoramento e amore con una meravigliosa quanto ricca ragazza, il matrimonio, la crisi, la moglie che se ne va indignata per la sua debolezza per signore e signorine, e poi il ritorno. In fondo, ha molto amato, e per questo verrà perdonato e dirottate in plaghe più confortevoli e più benigne dell’inferno. La sfida di scherzare con il massimo dei tabù, la morte, vincendola clamorosamente. Ma Lubitsch era Lubitsch. Con Don Ameche e una delle più belle donne di sempre del cinema, Gene Tierney. L’unico film a colori di Lubitsch, e basterebbe questo ai cine-ossessionati per non perderselo.
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