Io, Caligola di Tinto Brass, Cielo, ore 23,05. Giovedì 27 aprile 2017.
“Un irresistibile mix di arte e genitali”, lo descrive con britannica ironia Helen Mirren, che a questo folle Tinto Brass del 1976 partecipò nella parte di Cesonia. E meglio non si potrebbe dire di Io, Caligola (anche, nelle sue multiple e multiformi versioni, semplicemente Caligola). Una della avventure più estreme della storia del cinema, uno dei set più travagliati, uno dei film più maledetti, e naturalmente diventato oggetto di un culto che a decenni di distanza non accenna a scemare. Comunemente detto il Caligola di Tinto Brass, il quale però volle essere accreditato solo come responsabile delle riprese in segno di dissenso e protesta contro il produttore Bob Guccione – sì, l’editore di Penthouse, come dire la versione più sporcacciona e assai meno arty e pretenziosa di Playboy – , che aveva aggiunto scene al limite del pornografico commissionate a un suo uomo di fiducia. Insomma, che Caligola verrà mai proiettato stasera su Cielo? Quello che uscì con le interpolazioni di Guccione? O la versione che qualche anno dopo fece rimontare il coproduttore Renzo Rossellini e più fedele al progetto di Brass? O la versione distribuita qualche tempo fa in blu-ray e se ricordo bene prima passata anche da qualche schermo americano? Io, Caligola mette seriamente in crisi la stessa categoria di opera come creazione riconducibile a un autore, a un artista. Opera anonima? Opera collettiva? Sedimentazione di più apporti e contributi? Forse, un mostro magmatico che ha finito col disssolvere e anche distruggere chi ci aveva messo mano, assestandosi nel tempo come Cosa a sé, autoriferita, autoprodotta, auto-organizzata, totalmente autonomizzatasi da chi l’aveva avviata e partorita.
Anno 1976. Tinto Brass dopo Salon Kitty viene chiamato a dirigere a Cinecittà, questo film sul giovane imperatore romano che aveva portato la sfrenatezza degli istinti, il primato delle pulsioni al potere. In primis il sesso. La sceneggiatura è di Gore Vidal, ma Tinto Brass fa di testa sua, gira scene non scritte, ne salta altre previste invece dal copione. Intanto il set sprofonda nel caos. Si dice vengano girate scene di sesso non simulato, orge, coiti di ogni tipo. Maria Schneider scappa, lascia la parte di Drusilla, la sorella di Caligola, terrorizzata da una scena in cui pare si sarebbe dovuta immergere nello sperma. Leggende di Cinecittà? Verrà sostituita da Therese Ann Savoy (recentemente scomparsa), che con Brass aveva già lavorato in Salon Kitty. Nell’impresa sono coinvolti attori anglofoni della massima serie. Malcolm McDowell è il protagonista, ed è il Caligola perfetto. Peter O’Toole è il corrotto imperatore Tiberio (perfino su Youtube si può rintracciare la scena del bagno nella sua villa di Capri circondato da fanciulle e fanciulli). Helen Mirren è la sacerdotessa di Iside Cesonia che sarà una delle donne di Caligola. John Gielgud è Nerva. Film che solo negli anni Settanta si poteva progettare e realizzare, perfetta incarnazione dello Zeitgeist (oggi il suo catalogo di perversioni e bizzarrie sessuali non sarebbe consentito). Non vedremo mai il film che Tinto Brass avrebbe voluto girare, ma quel set è entrato nella leggenda: Caligola è diventato la propria leggenda. Adesso è cosa imprescindible, una visione obbligata benché lugubre e angosciosa: e chissò se stasera vedremo la scena che raccapricciò gli spettatori, quella del pene mozzato dato in pasto ai cani. Dell’idolatria di cui è ormai circondato il film è prova l’omaggio che gli tributò una decina di anni fa Francesco Vezzoli (attenzione, tra poco comincia alla Fondazione Prada di Milano la sua mostra-installazione-performance sulla Rai degli anni belli) con un corto di sei minuti, Trailer for a remake of Gore Vidal’s Caligula. Intevento dello stesso Vidal e partecipazione tra gli altri di Helen Mirren, Gerald Butler e Milla Jovocich.
CERCA UN FILM
ISCRIVITI AI POST VIA MAIL
-
-
ARTICOLI RECENTI
- Berlinale 2023. Recensione: LE GRAND CHARIOT di Philippe Garrel. Giusto il premio per la migliore regia
- Berlinale 2023: SUR l’ADAMANT di Nicolas Philibert. Recensione del flm vincitore
- Berlinale 2023, vincitori e vinti: l’Orso d’oro a Sur l’Adamant e gli altri premi
- Berlinale 2023. Recensione: ROTER HIMMEL (Cielo rosso) di Christian Petzold. Partita a quattro
- Berlinale 2023. I FAVORITI all’Orso d’oro (e al premio per la migliore interpretazione).
Iscriviti al blog tramite email
Pingback: 13 film da vedere stasera in tv (giov. 27 aprile 2017, tv in chiaro) | Nuovo Cinema Locatelli