Festival di Cannes 2017. Recensione: THE BEGUILED, un film di Sofia Coppola. Il giardino delle vergini omicide

1481557de2ca92650d96d96c413e9ff8The Beguiled, un film di Sofia Coppola. Con Nicole Kidman, Colin Farrell, Kirsten Dunst, Elle Fanning, Oona Laurence. Concorso.
02578e702ec070ec9552ae62a12399b6Remakizzando un film del 1971 di Don Siegele con Clint Eastwood, Sofia Coppola racconta di un soldato nordista soccorso dalla direttrice e dalle ospiti di un educandato femminile (sudista). Tutto sembra inizialmente perfetto, nell’atmosfera della villa incantata. Fino a che il soldato incorrerà in un errore fatale, e allora sarà vendetta. L’eterna guerra dei sessi, stavolta vinta dalle donne. Se in Siegel l’orrore era apertamente mostrato, qui S. Coppola smussa, addolcisce, elegantizza. Girando una fiaba crudele, ambigua e perfida, più gotica che horror. Però era meglio l’originale. Grande cast. Gran successo a Cannes: un film che farà un’ottima carriera, ma non un film così grande. Voto 7 meno
09e361a6fa78623438728d6b8e104d20Sia lode a Sofia Coppola, che ci ha mostrato – mercoledì 24 maggio, Grand Théâtre Lumière, ore 8,30 – un film di 93 (novantatré) minuti esatti. Un sollievo per il festivaliero provato da interminabili prove d’autore, da prolissità sussiegose, da registi che scambiano la lunga durata per autocertificazione di artisticità e genialità. Non ci sono invece tempi morti e superfluità narcisistico-autoriali in The Beguiled, remake di un film dei primissimi anni Settanta che in Italia venne splendidamente chiamato La notte brava del soldato Jonathan, uno di quei casi in cui il ri-battesimo migliora il titolo originale. E che aveva come protagonista un giovane ma già roccioso e totemicamente inespressivo Clint Eastwood e alla regia il signore del western e dell’action-noir Don Siegel. Una maschia alleanza, intendo Siegel-Eastwood, che lascia il posto, in questo rifacimento (buono, ma non all’altezza dell’originale, lo dico subito) all’egemonia femminile di Sofia Coppola, signora e padrona essendo sia regista che sceneggiatrice. Ed è un passaggio che incide parecchio. Nelle mani della regista di Lost in Transation e Somewhere quel racconto horror, più sulla guerra furibonda dei sessi che sulla guerra civile americana ai margini della quale era ed è ambientato, si trasforma adesso in una fiaba gotica, crudele sì, ma più implicita, e ammorbidita, elegantizzata, tra buone per quanto ipocrite maniere da signore e signorine del Sud (americano) in abiti sempre impeccabili e candidissimi. Il giardino delle vergini omicide. Puro S. Coppola, fanciulle in fiore che si aprono alla vita assaporandone il buono e il peggio (vedi anche il precedente The Bling Ring).
Siamo, esattamente come nell’originale (peraltro citato in chiave ultracamp anche da Bruce LaBruce nel suo The Misandrists visto alla Berlinale lo scorso febbraio), da una qualche parte della Virginia confederata in guerra con il Nord, e in una fase ormai in cui il Sud è in ginocchio. Succede che una ragazzina di un educandato femminile – ormai ridotto per via del conflitto in corso alla presenza della direttrice, dell’insegnante di francese (e altro) e di un pugno di educande – trovi vicino alla bianca villa coloniale, che del collegio è la sede, un ferito. Un soldato nordista assai malconcio e con una gamba piagata. Abbandonarlo? Soccorrerlo? La ragazzina informa la direttrice (Nicole Kidman, of course), la quale prende la giusta decisione di prestare aiuto al soldato nemico: lo cureranno finché si sarà rimesso, poi si vedrà. Un maschio (Colin Farrell) in un microcosmo solo di donne, e potete immaginare. Lo sciagurato, che suscita desideri nelle due adulte e nella più grande delle ragazze (Elle Fanning) e la curiosità delle più piccole, pensa di averle tutte in pugno. Di poterle manipolare pour son plaisir e per trarre qualche vantaggio. È piacente e narciso, la necessaria cura del suo corpe da parte delle ragazze e meno ragazze favorisce i contatti in zone erogene. E si innesca intorno a lui, e da lui astutamente alimentata, la giostra dei desideri e delle passioni segrete per il maschio selvatico caduto per caso in quella serra di signore e signorine in fiore. Ma lo sciagurato commetterà un errore fatale, privilegiarne una sulle altre, scatenando la vendetta del gruppo. E pagherà caro pagherà tutto. L’horror robusto di Siegel si stempera, lasciando il posto alle atmosfere ambigue e ai sottili veleni. Sofia Coppola non sbaglia niente, tesse la sua ragnatela, che è anche la ragnatela in cui resterà impigliato l’insetto maschio, con una sapiente drammaturgia. I dialoghi sono eleganti e ambigui e allusivi al punto giusto. La regista azzecca il tono del film e le atmosfere sospese, con quella villa oasi di bellezza nello sfacelo della guerra (mai mostrata, solo evocata da qualche visita in divisa che fa tremare l’educandato: cosa mai vorrà la soldataglia da noi?), e il bosco incantato lì fuori, tutto un chiarore tra le frasche e ombre e penombre. C’è la perfidia celata dietro le buone maniere, e anche la ferocia. La guerra contro il nemico nordista la si combatte anche con un piatto di champignon adeguatamente cucinato. Un po’ fate e molto streghe, le donne di The Beguiled stravincono sul maschio, troppo fatuo e sicuro di sé per prevalere nella dura lotta dei sessi che si è innescata là nella villa incantata. E speriamo però che nessuno spacci questo morbido e inquietante The Beguiled (certo, S. Coppola non allarma granché, mica è Lanthimos o Haneke) per un manifesto di genere (femminile: precisiamolo, giacché i generi crescono di giorno in giorno e si fa fatica a star dietro alla conta). Nicole Kidman quale capessa soccorrevole e imperiosa è brava proprio, e qui qualcuno preconizza non solo il premio cannense quale migliore attrice (non dimentichiamo The Killing of a Sacred Deer, dov’è sempre in coppia con Colin Farrell come in The Beguiled), ma perfino una possibile Oscar nomination. Certo che Cannes 70 consacra la sua rinascita come attrice di alta gamma dopo anni discontinui e parecchi inciampi. Ma anche Kirsten Dunst, la professoressa dilaniata dal desiderio frustrato, potrebbe togliersi qualche soddisfazione nella awards’ season. Elle Fanning (lanciata dalla Coppola in Somewhere) non la si vede granché, ma è fondamentale nell’economia del racconto, e il personaggio della dolce fanciulla preraffaellita però torbida dentro le viene benissimo. Colin Farrell fa l’oggetto del desiderio ringiovanito rispetto a The Killing of A Sacred Deer di Lanthimos. Quanto a The Beguiled, molto applaudito al press screening, diventerà probabilmente il miglior risultato commerciale nella carriera della Coppola, e ha tutte le cose a posto per fare bene ai Golden Globe e agli Oscar prossimi. Potrebbe anche entrare nel palmarès di questo Cannes, anche se ritengo improbabile la Palma. Buon film, non un grande film. Rispetto all’originale SC dolcifica un po’ troppo. Se Siegel mostrava tutto il raccapriccio dell’operazione alla gamba, una cerimonia del massacro officiata da una divina Geraldine Page (non diciamo di più), stavolta tutto viene annunciato ma niente mostrato. Portatemi il cloroformio! Subito!, intima la capessa Kidman, et c’est tout. A voi decidere se sia peggio la perfidia femminile o l’apertà crudeltà maschile.

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