Il cigno nero (Black Swan), Rai3, ore 21,00. Domenica 25 giugno 2017.
Ripropongo la recensione scritta all’uscita del film.
Black Swan (Il cigno nero), regia di Darren Aronofsky. Con Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Barbara Hershey, Winona Ryder, Benjamin Millepied. Usa 2010.
Nina è un grande Cigno Bianco, ma per interpretare anche il Cigno Nero nel balletto di Cajkovskij deve portare a galla la parta oscura di sè. Discesa agli inferi di una ballerina perfetta, troppo perfetta. Un film che brutalizza la psicanalisi e temi alti come quelli del Doppio, che infastidisce e disturba, ma che scardina le nostre difese psicologiche e ci conquista con la forza di una narrazione mitica. Oscar strameritato a Natalie Portman.Dimenticatevi le solite carinerie e leziosità da balletto classico, il feticismo dei tutù e delle pirouettes, le immagini leccate, gli sdilinquimenti, tutti i cliché insopportabili da ballettomani e ballettofili. Black Swan ci porta da un’altra parte, raccontandoci sì di una classica messinscena del Lago dei cigni di Cajkovskij, ma soprattutto svelandoci le tensioni e pulsioni che le stanno dietro e che si porta dietro. È un film sporco e lurido dove i tutù si insozzano di sangue e ogni fluido corporale (maschile e femminile), le scarpe di raso sono strumenti di tortura da piegare, tagliare, strisciare su pezzi di vetro onde raggiungano il grado giusto di levigatezza, e che chiudono, serrano, imprigionano, piagano poveri piedi scorticati, unghie lacerate e dita rese purulente da esercizi ai limiti dell’umano. Black Swan è the dark side dell’altero, impeccabile, apollineo balletto classico, è il cigno nero di quel cigno bianco che è la convenzione finora consegnataci della danza secondo l’alto e sublimato modello Bolshoi-Kirov.
Il regista Darren Aronofosky ripete sul corpo della protagonista Nina (Natalie Portman) l’operazione sadica e voyeuristica già effettuata sul Mickey Rourke del suo The Wrestler, Leone d’oro a Venezia. La faccia gonfia e pestata del lottatore Rourke, i suoi muscoli pompati e gonfiati da ogni ormone e ogni sostanza alterante possibile, equivalgono alla schiena graffiata di Natalie Portman, ai lembi di pelle strappati, ai piedi martoriati e gonfi. Il balletto è in realtà guerra, battaglia, competizione selvaggia, ci dice Aronofosky, e lascia dietro di sè vittime e scie di sangue come i peggiori giochi gladiatori.
Il regista solo apparentemente passa da un film maschile e per maschi come The Wrestler a un film femminile e rivolto alle donne come Black Swan, perché l’approccio resta più che mai macho, anzi uno dei motivi di fascino del film è che per la prima volta il cinema si avvicina al balletto senza estetizzarlo e glamourizzarlo ma trattandolo come pura, brutale, belluina lotta per la sopravvivenza. È un film maschile e ipervirilista su una materia finora leggiadra e effeminata. Non c’è ambiguità sessuale, non c’è camp, questo non è un film gay-oriented, è un film che tratta una materia squisitamente femminea, non solo il balletto ma anche le contorsioni psicologiche della protagonista, con uno sguardo inequivocabilmente da uomo. Con il rischio che possa dispiacere agli uni e alle altre, anche se i risultati ottenuti finora al box office – negli Usa Black Swan ha superato i 100 milioni di dollari, che per un film indie sono un’enormità – lasciano pensare che invece sia piaciuto a tutti.
Ad Aronofosky per fortuna non importa nulla della finta, leziosa, insopportabile bellezza della danza classica. Sia durante le prove che durante lo spettacolo finale, noi del Lago dei cigni vediamo solo qualche scorcio e mai una scena d’insieme, al massimo qualche dettaglio subito troncato, al regista non interessano i virtuosismi e i pas-de-deux e le pirouettes e quant’altro, ma solo la fatica, il sudore, la sofferenza fisica e psichica della ballerina Nina: nient’altro, e a noi va bene così.
La decostruzione della convenzione ballettistica e ballettomane prosegue su altri fronti. Thomas, il mefistofelico direttore-coreografo della compagnia (Vincent Cassel), non solo non è gay come tradizione vuole, ma è un womanizer che regna come un sultano sul corpo di ballo-harem, sceglie la prima ballerina e ne fa la sua favorita-concubina, salvo poi buttarla via e passare a un’altra, sulla scena e a letto. Black Swan è un film premoderno che ristabilisce con nettezza e forza la differenza tra i sessi e tra i ruoli sessuali, abolisce ogni confusione tra loro e suggerisce – che piaccia o no, che si sia d’accordo o no – che ogni uguaglianza tra maschi e femmine è risibile e perfino non-naturale e che nella scala del potere lui sta in alto e lei no. Quanto di più politically incorrect si possa immaginare oggi.
L’approccio rozzo e brutale, che è il segno di tutto il film, è anche nel plot, che va per le spicce e sembra un bigino di psicanalisi o una storiaccia raccolta in uno di quei trattati di psicopatologia sessuale che tanto piacevano ai lettori e alle lettrici a cavallo tra Otto e Novecento golosi di perversioni e nefandezze. Non ci sono sottigliezze nella storia della povera Nina, oppressa da una madre single ballerina mancata che su di lei riversa tutte le sue ansie di rivincita. Il dramma di Nina è il suo perfezionismo da brava bambina che non deve dispiacere a nessuno, che è poi una sindrome tipicamente femminile che non muore mai, nonostante tutte le evoluzioni (apparenti) di costume e che continua a colpire legioni di signore e signorine oggi come ieri, ed è anche uno dei motivi a mio parere per cui ad affollare le platee di Black Swan sono ragazze venti-trentenni (almeno quando io sono andato a vederlo era così). Nina deve accontentare mamma, deve soprattutto essere all’altezza del modello di perfezione che lei stessa si è data. Si allena ferocemente perché Thomas la scelga come nuova protagonista del Lago dei cigni che lui manderà presto in scena a Manhattan (la compagnai ricorda molto il New York City Ballet di Balanchine), difatti così avverrà. Intorno a lei, il panorama umano comprende le altre ragazze del corpo di ballo amiche-nemiche e rose dalla rivalità e dall’invidia, una prima danseuse sul viale del tramonto (Winona Ryder, patetica e straziante) già favorita di Thomas e da lui brutalmente pensionata, e l’antagonista di Nina, Lily (Mila Kunis), una ragazza sessualmente libera quanto Nina è repressa, e che viene scelta da Thomas come sua sostituta.
‘Sei un cigno bianco perfetto, ma non riesci ad essere cigno nero’, rinfaccia continuamente Thomas a Nina, anche umiliandola pubblicamente. Quello che segue è la discesa agli inferi di lei, in cerca, per dirla con Jung (quanta psicanalisi c’è in questo film, anche se in versione volgare e brutalizzata) della sua ombra. Nina deve raggiungere dentro di sè, e liberare, la propria parte nascosta, rimossa e oscura, per potere essere in grado di interpretare le due facce del cigno. Ci riuscirà, ma il prezzo da pagare sarà alto.
Molti elementi del classico psycho-thriller alla Hitchcock-Polanski (Io ti salverò, La donna che visse due volte, Repulsion, Rosemary’s baby) sono riproposti e frullati vorticosamente e serviti in un piatto così denso da essere anche greve e indigesto. Si aggiungano poi le abbondanti citazioni dell’horror d’autore, dall’inevitabile Scarpette rosse di Powell-Pressburger a Toby Dammit di Fellini e William Wilson di Louis Malle. Nina è una psicotica-schizofrenica che allucina la realtà, è malata di auolesionismo, è paranoica nei confronti della rivale Lily. Il tema del doppio, così platealmente evocato attraverso l’insistenza sulla parabola del Cigno Bianco e del Cigno Nero, si impossessa anche della mente di Nina, che incomincia ad avere visioni popolate da una sua clone che forse è lei ma forse è Lily.
Nulla ci viene risparmiato da Aronofosky, in un crescendo di sgradevolezze e laidezze a volte insostenibile (vogliamo parlare del vecchio che si tocca la patta in metrò e ammicca alla spaurita e schifata Natalie Portman?) e comprensivo di Nina che si strappa lembi di pelle e si tagliuzza le dita e si ferisce la schiena, Nina che si masturba, Nina che ha una scena lesbica parecchio esplicita con Lily. Come vuole Thomas, che cerca di portarsela a letto, Nina scopre il buio dentro di sè, fa affiorare l’ombra e l’oscuro che teneva così ben celati sotto la pelle della brava ragazza perfetta, e sarà, oltre che un gran Cigno Bianco, anche un potente Cigno Nero, nella scena migliore del film, che è anche il climax tanto atteso.
Tutto molto schematico. Aronofsky rispolvera le vecchie teorie freudiane sull’isteria, o meglio riesuma il freudismo selvaggio che imputa alla repressione sessuale ogni comportamento deviante. ‘Sii te stessa, liberati sessualmente e sarai felice, oltre che un’ottima ballerina’, suggerisce il luciferino Thomas, suadente come il serpente dell’eden, alla virginale e frigida Nina, echeggiando Wilhelm Reich e tutti i buoni e soprattutto cattivi profeti della cosiddetta liberazione sessuale. La diligente allieva ne segue i consigli, si sporca e si riscatta dalla frigidità, perde le rigidità corporee (le corazze caratteriali, direbbe Reich) che la bloccavano e diventa quella ballerina completa che Thomas le chiede di essere, ma finisce col distruggersi. Aronofosky se da una parte sembra credere al potere salvifico dell’Eros (come vuole la vulgata della liberazione sessuale incarnata dalla figura di Thomas), dall’altra ce ne mostra anche le devastazioni. La liberazione degli istinti, suggerisce il film, può essere l’inferno.
La rozzezza del racconto, la semplificazione senza sfumature e mezzi toni, l’abolizione di ogni chiaroscuro e ambiguità, il plot tagliato con il machete, tutto questo però, anzichè indebolire il film, lo rende paradossalmente più potente, lo trasforma in parabola esemplare e paradigmatica, netta ed eloquente come le fiabe e i miti. Black Swan è un film selvaggio e primitivo che infastidisce e disturba, ma che aggira le tue difese psicologiche e ogni resistenza razionale, entra dentro e non se ne va via: probabilmente destinato a diventare un classico, e di gran lunga migliore, perché più necessario, di un’infinità di altri film più curati, raffinati e culturalmente consapevoli.
Natalie Portman è più che brava, è Nina, è l’armonica bellezza (come il suo viso angelicato suggerisce) che man mano di scompone e decompone, si smembra psicologicamente nella follia e fisicamente nelle ferite, nelle lesioni, nel sangue, nella carne martoriata. Raramente si è visto un’adesione così completa al personaggio, in una perfomance che impressiona e che la colloca tra le migliori attrici giovani in circolazione. In lei rivediamo schiere di dive del passato. L’algida perfezione degli inizi è la stessa di Grace Kelly o di certa Audrey Hepburn, ma quando in scena si trasforma nel Cigno Nero i suoi occhi lampeggiano folli come quelli di Gloria Swanson nella scena finale di Viale del tramonto.
P.S.: Attenzione al ballerino che fa da partner di scena a Natalie Portman e Mila Kunis, un ragazzo che somiglia vagamente a Enrico Montesano da giovane. Bene, è quel Benjamin Millepied ora compagno di Natalie Portman e padre del loro figlio in arrivo. Si sono conosciuti proprio durante le riprese di Black Swan, rinnovando la gloriosa tradizione degli amori nati sul set alla Taylor-Burton.
Pingback: 20 film da vedere stasera in tv (dom. 25 giugno 2017, tv in chiaro) | Nuovo Cinema Locatelli