Kurt Cobain: Montage of Heck, documentario di Brett Morgen, Italia1, ore 0,40. Mercoledì 12 luglio 2017.
Peccato per l’ora tarda, perché questo film merita. Non il solito docu-bio intorno a una star raffazzonato e tirato via con qualche scarso video d’epoca e molti inutili bla-bla di gente di nessun conto, ma il primo documentario realizzato come Dio comanda sul principe nero del rock nirvanesco morto suicida nel 1994. Lui, Kurt Cobain. Certo, Montage of Heck – presentato ricordo con ottimo riscontro di pubblico e critica alla Berlinale 2015 sezione Panorama – ha il difetto di essere biografia autorizzata dalla famiglia, con tanto di imprimatur e apporto della figlia Frances Bean Cobain quale executive producer. Ma le inevitabili reticenze sui lati più oscuri e meno encomiabili del defunto qui monumentalizzato sono ampiamente compensate dall’imponente massa di documenti privati e mai visti prima messi a disposizione del regista Brett Morgen dalla famiglia e dall’entourage. Oltre che da testimoninze di chi davvero l’ha conosciuto bene e gli ha voluto bene. Emerge così l’infanzia di un piccolo genio, un Kurt bambino dotatissimo e versato in plurime forme d’arte, per niente incompreso, anzi incoraggiato e sostenuto. Anni non certo difficili e complicati, a deludere chi vorrebe cercare in traumi infantili la ragione di un’età adulta tanto tormentata. Poi l’ascesa, il consolidamente a star generazionale, a simbolo di una sensibilità lacerata e introflessa che dalla musica dei Nirvana si irradiava ai fans. Non manca il contributo della discussa vedova Courtney Love. Tanta roba da vedere e sentire. E se qua e là si sfiora l’agiografia rock fa niente. Se si tratta di santino, almeno lo è di un grande vero.
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