
The Shape of Water, il film Leone d’oro
No, non mi piace questo palmarès, fatto di qualche premio sacrosanto e altri parecchio sballati o al posto sbagliato (un classico di tutti i festival). Ho amato The Shape of Water di Guillermo del Toro, il film sapiente e irresistibile di un maestro del fantastico, solo con qualche riserva sul suo virtuoso correttismo politico, e però mi chiedo se non fosse il caso di dare il Leone d’oro a un film più piccolo e fragile. O più in sintonia con il senso e la tradizione della Mostra del cinema. Come il magnifico First Reformed di Paul Schrader, uscito senza niente (almeno la Coppa Volpi a Ethan Hawke, sant’Iddio) o Mektoub di Abdellatif Kéchiche (che immagino adesso da qualche parte a smaltire la rabbia, e sottolineo immagino). A non piacermi sono soprattutto i due premi a film virtuosamente indignati e al servizio delle buone e un po’ troppo ovvie cause: il primo, per la migliore regia, a una cosa irrisolta e ruffiana come il francese Jusq’à la garde (che si è portato via pure quello per la migliore opera prima, roba da pazzi), il secondo – il premio speciale della giuria – all’australiano pro-aborigeni conculcati Sweet Country di Warwick Thornton (e penso ancora a Kéchiche e Schrader, e non ho parole). Discutibile pure il Leone d’argento a Foxtrot dell’israeliano Samuel Maoz, una macchina da festival con le sue pretenziosità arty e le stimmate dell’impegno smaccatamente esibite. Ineccepibili invece la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Charlotte Rampling, una leggenda – standing ovation, meritata, l’unica della serata – e il premio Mastroianni al ragazzino Charlie Plummer, per lo straziante, bellissimo e sottovalutato Lean on Pete. Niente da eccepire nemmeno sul premio alla migliore sceneggiatura assegnato a Martin McDonagh per Tre manifesti fuori Ebbing, Missouri, che è davvero un film squisitamente di scrittura. Dimenticavo la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Kamel El Basha, l’attore palestinese di una delle sorprese del concorso, il libanese The Insult. Attore di teatro qui, come ha detto nel suo speech di ringraziamento, al suo primo film. Bravo, per carità. Ma perché non premiare con un ex aequo anche l’altro protagonista dell’Insulto, bravo e fondamentale quanto lui? (pensiero cattivo: forse perché interpreta il ruolo meno politicamente corretto di un cristiano maronita?). Ignorati dalla mediocre giuria i due migliori del concorso, e scusate se insisto ma è il vero scandalo, il capolavorissimo First Reformed di Paul Schrader e Mektoub, l’opera più radicale e coraggiosa di Kéchiche. Ignorati pure Guédiguian, autore di un film pieno di sottigliezze e malinconie, e la leggenda del cinema-documento Frederick Wiseman (che non ha portato però a Venezia il suo film migliore). Grazie a Dio almeno ci siamo risparmiati nel palmarès il temuto cinese ‘dalla parte delle bambine’ Angels Wear White e il trombonesco colossal sui migranti Human Flow di Ai Weiwei. Anche alle sciagure ci dev’essere un limite.
Qui di seguito il palmarès del concorso Venezia 74 (alla pagina del festival trovate la lista completa, con anche i premiati di Orizzonti, della Virtual Reality ecc.). Cliccare sui link per la recensione di questo blog.
LEONE D’ORO per il miglior film
The Shape of Water di Guillermo del Toro
Leone d’argento – Gran Premio della giuria
Foxtrot di Samuel Maoz
Leone d’argento – Premio per la migliore regia
Xavier Legrand per Jusqu’à la garde
Coppa Volpi per la migliore attrice
Charlotte Rampling per Hannah di Andrea Pallaoro
Coppa Volpi per il migliore attore
Kamel El Basha per The Insult di Ziad Doueiri
Premio per la migliore sceneggiatura
Martin McDonagh per Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Premio speciale della giuria
Sweet Country di Warwick Thornton
Premio Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente
Charlie Plummer per Lean on Pete di Andrew Haig
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