Torino Film Festival. Recensione: THE SCOPE OF SEPARATION di Chen Yue. Far niente in Cina

OFF_TheScopeOfSeparation_01OFF_TheScopeOfSeparation_02The Scope of Separation, un film di Chen Yue. Con Lyu Shidong, Yao Ye, Wang Baonan. Concorso Torino35. Voto 5
OFF_TheScopeOfSeparation_03L’ho messo al terz’ultimo posto della mia classifica, e però devo dire che a distanza di qualche giorno questo The Scope of Separation mi è parecchio migliorato nella mente, sicché mi verrebbe voglia di tirarlo su di un paio di posizioni, sopra il sopravvalutato e antipatico The Death of Stalin. Intanto: siamo in una qualunque parte della Cina urbana sberluccicante di luci, di quelle aree affluenti, consumistiche, con parecchi feticismi e tic occidentalizzanti diffusi soprattutto tra i ggiovvani. Un film fatto di niente che si fa specchio di un niente esistenziale, ma di gran garbo, non privo di una sua levità, con un protagonista fancazzista e però simpatico assai, negazione incarnata dell’ossessiva e proverbiale operosità cinese. Bar, baretti, appartamenti moderni in torri di vetrocemento modernissime e anonime. Lyu ha perso il padre, che se n’è andato lasciandogli però un po’ di soldi da lui velocemente dissipati. Non fa niente, e niente vuol fare. Fuma una sigaretta via l’altra. Ha un storia con una ragazza sull’intellettual-nevrotico, si inventa un lavoro come arredatore, anche se non ha mai visto non dico una settimana del design in vita sua ma nemmeno un magazine patinato del settore, e trova pure chi lo paga (è la Cina, queste cose da noi sono impensabili: non trovano lavoro quelli che di son fatti i master e gli stage aziendali, figuriamoci gli improvvisati). Lasciandosi trasportare, galleggiando sui piccoli eventi della sua non-vita, Lyu si ritrova con un’altra ragazza che progetta di partire per la Francia, reincontra un ex compagno di classe figlio di arricchiti che lo coinvolge nei suoi traffici e nei suoi vizi. “Ho scoperto finalmente cosa voglio dalla vita: i soldi, il lusso”, realizza lo scioperato. Cose così, minimalissime. Di quei film che quando esci sbuffi chiedendoti perché ci hai perso dietro un’ora e mezza della tua vita. Ma questo Lyu simpatico, che scivola tra le pieghe della nuova ricchezza cinese con leggerezza, a modo suo buono di cuore, finisce con il lasciare il suo segno sul film, e anche sullo spettatore.

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