Il ladro di Alfred Hitchcock, Capri Television (canale 66 dt), ore 21,00. Sabato 30 dicembre 2017.
Uno degli Hitchcock meno frequenti in tv, e dunque è il caso stasera di non lasciarselo scappare. Ispirato a un fatto di cronaca, quello di un onesto cittadino qualunque scambiato per un rapinatore di un’agenzia di assicurazioni. Ed è odissea per l’ingiustamente accusato, che non ce la fa a convincere polizia, giudici e opinione pubblica della sua innocenza, con pesanti ricadute sulla sua vita familiare. Alfred Hitchcock, colpito dalla vicenda, decide di girarci sopra un film (siamo nel 1955), cercando di rispettare il più possibile fatti, personaggi, evoluzione degli avvenimenti, in un un’operazione di ricalco quasi documentaristico ai limiti di quella che oggi si direbbe docufiction. Il che è quantomeno stravagante per un autore come lui che della riproduzione della realtà non si era mai occupato, teorizzando anzi, e praticando strenuamente, l’opposto, un cinema della finzione, della reinvenzione, dell’artificio, della spettacolarità. Quasi che l’onda del neorealismo che dall’Italia si era irradiata in tutto il cinema mondiale avesse finito con l’influenzare pure lui. In Il ladro Hitchcock, come rivela a François Truffaut nell’indispensabile e leggendario libro intervista Il cinema secondo Hitchcock (Il Saggiatore), addiritttura altera la sceneggiatura iniziale per adeguarla alla successione degli eventi accaduti, e aggiungendo battute che il vero colpevole della rapina aveva pronunciato al momento della cattura. Un’operazione di mimesi del vero da lasciare sbalorditi in un autore come lui, tant’è che Truffaut gli rimprovera questa sorta di tradimento del suo stesso cinema. E Hitchcock, sempre autocritico fino all’autolesionismo (che differenza, rispetto alla tronfiaggine e all’arroganza di tante mezzecalze del cinema di ieri, oggi e domani), incassa e ammette che sì, Il ladro non è il suo film più riuscito. Ma a rivederlo, le accuse di Truffaut e le autoflagellazioni di Sir Alfred sembrano esagerate. Il film resta puro Hitchcock, con quell’innocente ingiustamente accusato e stritolato kafkianamente da una macchina burocratica ottusa e impersonale, e con quella diabolica capacità del regista di creare tensione e sospensione. E poi, la celeberrima e inquietante scena in cui al volto del protagonista (un volutamente inespressivo Henry Fonda) si sovrappone man mano in dissolvenza quello del colpevole. Molto meglio il titolo originale: The Wrong Man.
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