Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick, Rete4, ore 23,54. Domenica 25 marzo 2018.
L’ultimo Kubrick, anche il più controverso. La grancassa promozionale puntò parecchio sulla scandalosa storia raccontata – quella di una matrimonio che si apre ad altre storie parallele -, sulla travagliatissima lavorazione, sulla coppia superstar Cruise-Kidman messa in ogni senso e in ogni lato a nudo, con pesanti conseguenze fuori set. Difatti piovvero dollari al box office, EWS diventò il più grande successo di Stanley Kubrick, che se n’era andato però pochi giorni prima dell’uscita in sala. Eppure film sottilmente maltratto dalla gran parte dei recensori di allora per certa sua pretenziosità e artificiosità, e presunta decrepitezza senile nel trattare le cose di sesso. Invece a rivederlo oggi appare di potenza inaudita, uno spartiacque nel suo intuire più e meglio di altri come l’eros sia cerimonia, rituale. Film perturbante come pochi, film-limite, film terminale: Stanley Kubrick morì poco dopo, Tom Cruise e Nicole Kidman non si sarebbero mai più riavuti dalle ferite psicologiche di quel set durissimo, logorante, insostenibile.
Ha qualcosa di distruttivo, Eyes Wide Shut (anno 1999) di un maestro ormai più che settantenne che affronta con quella sua inconfondibile grandeur, sconfinante talvolta nel (cattivo) gusto pompier, un tema così privato e fragile come la sessualità. Ne fa come al suo solito una rappresentazione teatrale, geometrica, fredda, ipertrofica e magniloquente. Epicizza ciò che non è epicizzabile, come la relazione di desiderio, sogno e tradimento di un lui e una lei. Tratto dal Doppio sogno di Athur Schnitzler, Eyes Wide Shut sembrò allora inattuale e opera stanca. Ma il passare del tempo ne ha fatto crescere la statura e la necessità. Cruise e Kidman che un po’ si tradiscono e un po’ no, che un po’ vivono nel sogno-delirio e un po’ ne sono fuori, sono lo specchio allarmante di qualcosa che è di tutti noi. La terribile scena dell’orgia, quei corpi nudi con le maschere, quell’eros mortifero e mortificato, si fissa nella mente e non se ne va più via. Ma è tutto il décor a soffocarci, con quella New York vero-finta notturna e claustrofobica interamente ricostruita negli studi londinesi. Kubrick è riuscito a spiazzarci e farci suoi prigionieri anche con questo suo ultimo film. Che continua a influenzare il cinema di oggi: penso a un thriller visto all’ultimo Torino Film Festival, Most Beautiful Island di Ana Asensio, che gli deve molto.
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