Recensione: I SEGRETI DI WIND RIVER, un film di Taylor Sheridan. L’addio di Weinstein in forma di western contemporaneo

I segreti di Wind River, un film di Taylor Sheridan. Con Jeremy Renner, Elizabeth Olson, Jon Bernthal, Julia Jones.
Wyoming, oggi. In una riserva indiana di neve e ghiaccio viene rinvenuto il cadavere di una ragazza. E comincia un’inchiesta pericolosa che porterà a galla lacerazioni e alienazioni passate e presenti. Un buonissimo noir-western contemporaneo cui manca un’idea forte di cinema per essere davvero grande. Dettaglio da storia del cinema: è l’ultimo film distribuito da Harvey Weinstein prima della caduta. Voto 7 meno
Si può essere ottimi sceneggiatori e registi qualunque. No, non pessimi, non mediocri: qulunque. Anonimi. Senza un’originale impronta e visione di cinema, solo impaginatori e metteur en scène corretti e appropriati. Lo conferma clamorosamente Molly’s Game (da oggi, giovedì 19 aprile, al cinema) dove un grandissimo scrittore di cinema come Aaron Sorkin (The Social Network, Jobs) al suo esordio direttoriale si rivela una delusione cocente. Lo conferma, benché deludendo meno, Taylor Sheridan, sceneggiatore negli ultimi anni di Sicario e Comancheria – Hell or High Water e qui pure lui al suo prino film da regista. Su screenplay suo, ovvio. Un lavoro assai diligente e una narrazione avvincente dove mancano però le accensioni e gli squarci inquietanti sul Male impressi per dire da Denis Villeneuve in Sicario. Credo che Wind River passerà alla storia del cinema, maggiore o minore fate voi, per una ragione che niente ha a che fare con le sue qualità o debolezze intrinseche, quella di essere l’ultimo film prodotto e distribuito da Harvey Weinstein prima della caduta. E della fine professionale, visto che dopo l’affare molestie la sua Miramax è stata messa in liquidazione. Un film indie, Wind River, ma di buone potenzialità commerciali, non troppo autoriale e abbastanza mainstream da occupare una nicchia non così minima di mercato, secondo la filosofia e la pratica aziendali di Weinstein. Il quale, se non fosse stato travolto dal disastro, di sicuro avrebbe pure portato questo film di Taylor Sheridan a qualche nomination all’Oscar, e invece zero. Un altro film era già nel catalogo Miramax, Maria Maddalena con Rooney Mara e Joaquin Phoenix, ma il collasso ha finora bloccato la sua uscita americana (mentre da noi è andato in sala, con modestissimo successo, qualche settimana fa in vista della Pasqua).
Che Weinstein si identificasse, anche passionalmente, con i suoi prodotti lo si era visto giusto un anno fa a Cannes, dove Wind River era stato presentato nella sezione seconda Un certain regard ricevendo dalla giuria presieduta da Uma Thurman (attrice tarantiniana dunque weinsteiniana, e tarda accusatrice del tycoon) il premio per la migliore regia. Assente Taylor Sheridan, sul palco della Sale Debussy era salito a ritirarlo lo stesso Harvey Weinstein, con la sua aria da orco ispido e una voce cavernosa da, bisogna ammetterlo, far paura. Una presenza intimidente, soverchiante. Tenne un lungo speech di ringraziamento, con riferimenti politici a Obama e accenti decisamenti atitrumpisti. E chi mai immaginava che sarebbe stata la sua uscita di scena. Motivo in più per andarsi a vedere, se già non lo si è visto, questo I segreti di Wind River, film testamentario di una volontà di potenza produttiva e non solo.
Siamo nella Frontiera di oggi, nell’amara realtà di una riserva di nativi americani sopravvissuti al proprio passato e allo scontro di civiltà con la gente venuta da Est. In uno Wyoming selvatico e invernale, dove neve e ghiaccio sembrano rendere tutto indistinto, uomini, cose e animali, un agente federale di nome Cory Lambert preposto al controllo ambientale rinviene il cadavere di una ragazza. Incomincia, in collaborazione con una giovane agente dell’Fbi inviata sul posto, una lunga e pericolosa indagine. Che andrà a rivelare alienazioni e vite devastate dei nativi chiusi in quella gabbia a cielo aperto, l’incessante guerra di frizione con chi nativo non è e sta sfruttando le risorse naturali di quelle terre, i pregiudizi e  razzismi sottaciuti ma minacciosamente attivi e pronti a colpire. Ma per l’agente Lambert sarà anche un viaggio negli abissi del proprio inconscio e passato personale. Sotto la neve c’è un mondo lacerato, di storiche ferite mai sanate e Taylor Sheridan ha il merito di ricordarcelo senza saccenteria né prediche ideologiche. Poi, ci fosse stato un Denis Villeneuve (a proposito: è di ieri la notizia che sarà tra i giurati di Cannes) dietro la mdp probabilmente Wind River sarebbe diventato qualcosa di più di un buonissimo western contemporaneo che riflette virtuosmente su mito e realtà storica della frontiera e su se stesso come genere cinematografico.
Nota: né Wind RiverMaria Maddalena, che a questo punto possiamo ritenere i film testamentari di Harvey Weinsetin, rivelano odio per le donne. Anzi, sia nel primo con la sua detective Fbi che nel secondo con la sua rivalutazione della figura di Maddalena, circola una sensibilità che non è esagerato dire femminista.

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