Gemma Bovery di Anne Fontaine, Rai3, ore 21,15. Martedì 3 luglio 2018.
Diventò qualche anno un piccolo culto, questo film della francese Anne Fontaine, regista non proprio tra i mei autori di riferimento. Fose a dirigere questo film (tratto da una graphic novel inglese) di cinema sulla letteratura, e di realtà che cerca di modellarsi sulla finzione, ci sarebbe voluto un Polanski, un Ozon. Fontaine, per quanto buona mestierante, non ha il necessario dono dell’ambiguità né il tocco per rendere le sfumature e le rifrazioni della storia che ha per le mani, e fa quel che può, che non è moltissimo. Un panettiere assai chic e colto, antesignano di tutti gli artigiani hipster d’oggidì, lascia Parugi per insediarsi in Nomandia. Pace, ritmi umani, e la possibilità di assecondare le sue passioni, in primis la letteratura, in primis Flaubert il cui Madame Bovary è per lui, Martin, il libro feticcio. Gli capiterà di scoprire che la sua giovane coppia di vicini di casa, inglesi approdati in continente, si chiamano Bovery, lui Charles e lei Gemma. Non Emma, ma ci siamo quasi. Ribollono i pensieri nella testa di Martin: e se lei fosse la reincarnazione della sue eroina letteraria? Alcuni indizi di bovaristica insoddisfazione e depressiono glielo fanno credeìre, sicché quella che era una suggestione rischia di trasformarsi in ossessione. Con il tentativo del panettierre-lettore di modellare la vita dela sua vicina su quella tracciata da Flaubert, di piegare la vita, la realtà, alla letteratura. Insomma, di quei pirandellismi che, se ben rispolverati, piacciono sempre e possono reggere egregiamente un racconto, letterario o cinematografico che sia. Meraviglioso al solito Fabrice Luchini,Gemma Aterton è una sorpresa. E la sceneggiatura di Pascal Bonitzer è squisita. Se solo l’avesse girato qualcun altro.
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