Gli indifferenti di Francesco Maselli (1964), Rai Storia, ore 21,11. Domenica 26 agosto 2018.
Che anni, quei primi Sessanta, per il cinema ialiano. Un nugolo di opere imprescindibili, e non si parla solo di cose assolute, da storia del cinema (Rocco e i suoi fratelli, La dolce vita, L’avventura, 8 e mezzo, Accattone), ma di film che allora – in un insieme di livello stratosferico – furono considerati solo buoni e che invece a rivederli adesso lasciano basiti. Per la qualità della realizzazione, per l’audacia produttiva, per l’ambizione. Dico solo, tra gli infiniti esempi possibili, qualche Bolognini, o questo film di Francesco Maselli. Che dopo aver debuttato con I delfini porta sullo schermo nel 1964 un romanzo-totem del nostro Novecento come Gli indifferenti, l’esordio di Alberto Moravia al tempo del fascismo e subito sua consacrazione. Ritratto di una famiglia in pieno disfacimento economico e morale, i nostri Buddenbrook ma più latini, più romani, più torbidi. Più pigramente e laidamente sfasciati. Siamo nella Roma dei tardi anni Venti. Gli Ardengo sono sull’orlo del precipizio finanziario, ma restano aggrappati, sotto la guida della matriarca Maria Grazia, ai rituali della passata grandeur come in un esorcismo. Mentre Leo, l’amante di Maria Grazia e colui che con i suoi prestiti ha consentito finora agli Ardengo di restare a galla, cerca di impossessarsi di quel che resta del patrimonio della famiglia e di sposare la giovane figlia, Carla. Un verminaio di vizi e avidità (e quante affinità, a cominciare dalla figura dell’amante-padrone, con il successivo La caduta degli dei di Luchino Visconti). Incredibile qualità della messinscena, incredibile cast internazionale, come solo il nostro cinema di allora si s’è potuto permettere. Rod Steiger è l’ambiguo Leo, Paulette Goddard, allora moglie dello scrittore Erich Maria Remarque, è Maria Grazia. E poi: Claudia Cardinale, Tomas Milian e Shelley Winters. Da vertigine.
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