L’ultimo inquisitore, Iris, ore 23,45. Venerdì 28 settembre 2018.
L’ultima grande produzione di Milos Forman, dell’anno 2006, girata in Spagna con capitali locali, dunque lontano da Hollywood, in un esilio per il regista chissà quanto volontario e quanto no. Pensare che Forman aveva alle spalle cose come Qualcuno volò sul nido del cuculo e Amadeus, film plurioscarizzati e immensi successi al box office. Il pubblkico disertò, i cirtici quasi non se ne acorsero. Ma da vedere, perché perfettamente allineato al cinema di Forman, sempre teso tra autorialità e mainstream, sempre in cerca di un qualche misfatto del potere e una qualche rivolta contro il potere da mettere in scena. L’ultimo inquisitore è un altro dei suoi assai vividi, ipersaturi affreschi storici e artistici, raccontando nientedimeno che di Francisco Goya sul finire del Settecento, il suo essere pittore di corte ma anche attratto dal mondo oscuro dei miserabili, degli ossessi, dei diseredati, delle vittime di guerra e di altre piaghe. Un po’ si è fedeli alla storia e molto si romanza, parlando anche di Ines (Natalie Portman prima dell’Oscar), la donna amata da Goya, che ne deve subire di ogni dopo l’accusa di giudaismo e di eresia che le viene rivolta. Imprigionata, dovrà vedersela con il torbido inquisitore, che è naturalmente Javier Bardem (chi altrimenti?). Seguono avventure e disavventure esistenziali che si intrecciano con la storia di Spagna. Prima l’invasione napoleonica, dopo la restaurazione sotto protezione inglese. Film come ormai non si usa più fare, spettacolari ma ambiziosi, e anche didascalici, che non nascondono l’intento di impartire (divertendo?) alle masse una lezione di storia. Purtroppo il cinema è cambiato e le masse pure, e non hanno nessuna voglia di saperne di più su niente, tantomeno sulla storia. Titolo italiano infelice e traditore dell’originale Goya’s Ghosts. Stellan Skarsgård è Goya.
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