Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, Iris, ore 0,45. Lunedì 22 ottobre 2018.
Del 1962, è il secondo film di Pier Paolo Pasolini dopo l’esordio clamoroso di Accattone. Anche qui una storia di borgata, di vite derelitte e umiliate. A Venezia, dove fu presentato in prima mondiale, non fu accolto bene, checché se ne dica e se ne scriva oggi. Il parterre dei critici ufficiali non si entusiasmò e lo considerò anzi un arretramento rispetto al film precedente, tutt’al più un ricalco di Accattone, assai meno riuscito. Non piacque soprattutto che Pasolini fosse ricorso stavolta a una diva conclamata come Anna Magnani. Invece oggi il film ci appare immenso, perturbante, commovente fino allo strazio, e l’incontro tra Pasolini e Anna Magnani, benchè venato da diffidenze reciproche e incomprensioni (e come poteva essere altrimenti?), memorabile, da capitolo di storia del cinema. Naturalmente PPP la spoglia di ogni divismo, di ogni cliché per riconsegnarla alla sua essenza di mater mediterranea e mater dolorosa, di matriarca che dà la vita, nutre e anche conduce verso la distruzione i suoi figli. Magnani lo asseconda, anche se in certi momenti pare ribellarsi e non farcela a stare nelle maglie strette che il regista le ha messo addosso. Ma è anche questa tensione a rendere il film qualcosa di unico, sia nella filmografia di Pasolini che in quella dell’attrice.La prostituta Mamma Roma (e già il nome) quando vede il suo protettore Carmine (Franco Citti) sposarsi, si ritiene sciolta da ogni vincolo nei suoi confronti e assapora finalmente la libertà e, si direbbe oggi, la possibilità di autodeterminarsi. Si trasferisce in un appartamento moderno in un quartiere di ambizioni piccolo-borghesi, si riprende finalmente con sè il figlio sedicenne Ettore che aveva affidato a dei contadini dell’hinterland, si compra un banco di frutta al mercato, sogna una vita rispettabile. Ma il passato presenterà i suoi conti, e saranno conti pesanti. Il figlio morirà, stretto in un letto di contenzione, abbandonato come un cane, in una scena terribile che non si può dimenticare (e che figurativamente Pasolini strutturò prendendo a modello il Cristo deposto del Mantegna). Che dire? Che Pasolini sa turbarci ancora oggi, che questo Mamma Roma 56 anni dopo (56 anni!) si è consolidato come un classico, che non lo si può perdere, proprio non si può.
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