Recensione: SOLDADO, un film di Stefano Sollima. Dov’è il senso del male di Villeneuve?

Soldado di Stefano Sollima. Con Josh Brolin, Benicio Del Toro, Isabela Moner, Catherine Keener, Matthew Modine, Jeffrey Donovan.
Stefano Sollima mostra nel suo primo film hollywoodiano di essere in perfetto controllo della macchina-spettacolo. Ma la sue messinscena resta pura muscolarità, senza comunicare il senso del male e la complessità che Denis Villineuve aveva impresso al precedente Sicario, (di cui questo Soldado è il sequel). E anche lo script di Taylor Sheridan mostra stavolta qualche vistosa crepa. Voto 6Lieti di constatare come Luca Guadagnino non sia il solo regista italiano in grado di girare in America, e per gli americani e film americani, con un’abilità naturalmente cosmopolita, senza traccia alcuna di provincialismo. Adesso oltre a lui c’è Stefano Sollima che, dopo ACAB e Suburra, e dopo i serialmente televisivi Romanzo criminale e Gomorra, è stato chiamato a Hollywood da Taylor Sheridan, sceneggiatore ma anche anima e motore progettuale di Sicario, per girare questo sequel di quel film di culto. Sedersi sulla sedia registica che era stata nel film fondativo di Denis Villeneuve non era facile, ma Sollima supera la prova benissimo, dimostrando una sapienza e una tecnica sbalorditive. Eppure la confezione smagliante e macchinalmente, roboticamente perfetta non fa di Soldado un sequel all’altezza di Sicario. Manca stavolta il senso del Male, mancano quel disagio che nel film di Villeneuve ci prendeva alla gola, quei dilemmi etici, quel massacro finale puro teatro elisabettiano della crudeltà e della vendetta. In Soldado torna la squadra di agenti segreti americani in missione assai coperta nel Mexico Infelix dei peggio cartelli dei narcos a riportare ordine nella terra del caos. Ma tutto rispetto a Sicario si semplifica in scontro muscolare, in puro gioco della forza, della sopraffazione e della sottomissione. Non c’è più l’agente turbata e riflessiva interpretata da Emily Blunt, restano il macho Josh Brolin e il cupo e contorto killer Benicio Del Toro. Dimentichiamoci l’incombere del Fato del primo episodio, adesso ogni cosa è terrena, questione di proiettili e bombe, e terribilmente umana. Sollima è il regista perfetto per questa riduzione al suolo, alla polvere e alla lotta muscolare e sudata del conflitto tra Bene e Male, con una conduzione del film esteriore e meccanica che mai, nemmeno per un istante, riesce a restituirci profondità e complessità. Soldado è un videogame magnificamente girato, ma un videogame. O se preferite, un film di ambizioni e fascia alta ridimensionato a B-movie. E anche il plot non regge il confronto con il film primigenio. Stavolta a scatenare l’intervento ai limiti dell’illegalità degli americani in territorio messicano è la necessità di bloccare l’immigrazione clandestina organizzata dei cartelli narcos. Che non si son fatti scrupoli a far passare negli Usa anche terroristi jihadisti poi responsabili di stragi. Josh Brolin, intendo il personaggio da lui interpretati, ha la non geniale idea di scatenare una guerra tra cartelli rapendo la figlia di un boss per far cadere la colpa sui suoi rivali. Una trovata da fumettacccio che fatichiamo a prendere sul serio. Che poi la pista degli islamisti, dopo aver fatto da miccia alla narrazione, viene completamente abbandonata, segata, ed è solo una delle smagliature della sceneggiatura di Taylor Sheridan: vogliamo parlare del morto-che-resuscita (non posso dire di più, ovvio)?, che nemmeno nelle peggio novelas. Una sceneggiatura il cui obiettivo primo, più che la verosimiglianza, è l’infilare climax adrenalinici e orgasmici di scoppi e sangue e bombe e ogni altra possibile arma di offesa. Si avverte anche il disegno di fare di Sicario una serie prima cinematografica e poi eventualmente televisiva, con le ridondanze e le coazioni narrative a ripetere e i cliffhanger furbastri della serialità. Poi, certo, Soldado è buonissimo spettacolo. Un ineccepibile action crime. Ma i brividi che Denis Villeneuve ci aveva procurato no, quelli non si ripetono.

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