Film stasera in tv: ‘Il lato positivo’ (ven. 28 dicembre 2018, tv in chiaro)

Il lato positivo di David O. Russell, Rai Movie, ore 21,10. Venerdì 28 dicembre 2018.
JENNIFER LAWRENCE and BRADLEY COOPER star in SILVER LININGS PLAYBOOKIl lato positivo (Silver Linings Playbook), regia di David O. Russell. Con Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Jacki Weaver, Julia Stiles.Una romantic comedy che non teme di affrontare cose toste come la sofferenza psichica. Ottimo nella prima parte – di una immediatezza che ricorda Cassavetes – Il lato positivo diventa poi sempre più convenzionale e artificioso. Buono ma sopravvalutato. Oscar a Jennifer Lawrence. Voto 6 e mezzoBUna romantic comedy assai furba e a tratti irresistibile. Ruffianissima, anche se – e qui sta l’abilità del suo regista David O. Russell – non ne ha affatto l’aria. Piaciona, ma con i tratti di un film impegnato, perfino duro e tosto, che osa e usa materiali narrativi non proprio piacevoli e gradevoli. Sì, la mossa vincente degli autori di Il lato positivo (il cui complicato titolo originale Il bordo argenteo della nuvole sta per qualcosa che vuol dire vedere il bicchiere mezzo pieno anzichè vuoto) consiste nell’aver realizzato una rom-com delle più classiche sporcandola però con cose pese come la malattia mentale (o lo chiamiamo disagio mentale?), la morte di un coniuge, il lutto. Il risultato è una favola, una storia in gran parte assolutamente irrealistica e assurda, però confezionata con il massimo grado possibile di realismo. Credo che il merito sia soprattutto del regista, quel David O. Russell reduce dal bellissimo, e superiore a questo, The Fighter, il quale dirige il suo coro di attori e racconta la sua storia con una immediatezza e una naturalezza che ricorda Cassavetes e quella sua abilità nel catturare e restituirci il senso della vita, la vita nel suo farsi. Sicchè noi spettatori cadiamo nella trappola e percepiamo come real-life quello che è il massimo dell’artificio e della finzione, una storia costruita programmaticamente e direi a freddo. Russell mette in scena come in The Fighter famiglie disfunzionali e patologiche, individui minati e corrosi dentro, ai confini dell’accettabilità sociale ed esistenziale, però svolta tutto sul lato positivo, sul bordo argenteo e rosa delle nuvole e vince la sua scommessa con il pubblico, come conferma il box office Usa dove Silver Linings Playbook ha superato i 120 milioni di dollari (e non è ancora finita).
La storia è nota, visto che del film – nonostante la sua uscita solo adesso nei nostri cinema – si parla da parecchi mesi, anche per le 8 nomination all’Oscar ottenute (però uno solo vinto: da Jennifer Lawrence come migliore attrice protagonista). Pat, già insegnante di storia all’high school, torna da papà e mamma dopo otto mesi di istituto psichiatrico, cui è stato condannato dopo aver massacrato di botte un collega sorpreso a letto (anzi nella doccia) con suaa moglie (moglie di Pat, intendo). Dicono i medici che soffra di disturbo bipolare (patologia che si porta molto di questi tempi al cinema, negli articoli dei magazine femminile, nei talk show con psicologhe da strapazzo, e che ha preso ormai il posto occupato per molto tempo nei media dalla depressione), di incapacità di controllare i suoi impulsi aggressivi ecc. ecc. Però, diciamolo, un po’ di ragione ce l’aveva quando ha aggredito l’amante della moglie, non solo sorpreso nudo a casa sua, ma pure così arrogante e protervo da dirgli “e adesso te ne vai”: tutta la ma solidarietà, Pat, io al manicomio criminale non ti avrei condannato. Il nostro si reinstalla da mama e papà, nella cameretta-mansarda della sua adolescenza, anche perché nel frattempo la moglie Nikki ha venduto la loro casa e non vuole più saperne di lui. Ma Pat ci ha ancora l’ossessione e l’illusione di rimettere insieme i cocci del matrimonio, di tornare con lei, di essere ancora amato da lei. Intanto scpriamo che quella santa donna della madre non solo deve sopportare il figliolo ritornato e parecchio sballato, ma pure il marito (De Nro), pure lui fuori di testa, afflitto da comportamenti superstiziosi, maniacali, ossessivi e compulsivi. Finchè una sera a cena da una coppia di amici Pat conosce Tiffany, giovane ma già vedova di un poliziotto, sotto psicofarmaci come lui, che il suo lutto lo ha elaborato buttandosi in scopate selvagge ma non si direbbe liberatorie (“mi sono fatta tutti i miei colleghi maschi”, “Quanti?”, “Dodici”). Naturalmente tutti noi capiamo subito come andrà a finire, non lo capisce però Pat, che si ostina a pensare alla ex, mentre Tiffany ne tenta di ogni per conquistarlo, coinvolgendolo pure nella preparazione di una disfida di ballo Dialoghi acuminati e anche cattivi, non proprio da tradzionale romantic comedy, acidi, corrosivi, impietosi onde tener lontana ogni smnceria e ogni romanticismo basso. Ma alla fin fine Il lato positivo resta, nonistante le sue apparenti diversità, abbastanza convenzionale, seguendo il consolidato schema di tante screwball comedies in cui lei e lui baruffano, se ne fanno di ogni, si tengono il muso, si tradiscono (apparentemente), per poi arrendersi entrambi all’inevitabilità dell’amore. Se la prima parte è notevole e abbastanza sorprendente, la seconda svela l’artificiosità del plot, che man mano ingabbia e irrigidisce la fluidità iniziale da “vita vera colta nel suo farsi”. Alcune soluzioni narrative sono francamente forzate e inattendibili. Mi riferisco a Tiffany che promette di consegnare la lettera di Pat alla ex moglie solo se lui accetterà di ballare con lei al torneo, una trovata di tale mediocrità che un tempo si sarebbe detta da fotoromanzo e che non avrebbe mai trovato posto nelle ferree e maglianti sceneggiature della Golden Hollywood. Ma anche il finale, con la dichiarazione di Pat a Tiffany, fa acqua da tutte le parti. David O. Russell si conferma eccellente direttore di attori, uno di quei registi, come Woody Allen e Clint Eastwood, in grado di miracolare i loro interpreti e fargi vincere i massimi premi. Se con The Fighter Russell aveva portato all’Oscar Christian Bale e Melissa Leo (miglior attore e attrice non protagonisti), stavolta ha procurato la nomination a tutto il suo quartetto di interpreti, Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro e Jakcie Weaver (la mamma: in my opinion la migliore dei quattro, attrice che ci sbalordì un paio di anni fa in Animal Kingdom e che rivedremo in maggio in Stoker in un ruolo-cameo). Lawrence, unica della squadra, il suo Oscar se l’è poi portato a casa, anche se più di lei se lo meritavano la Jessica Chastain di Zero Dark Thirty e soprattutto l’Emmanuele Riva di Amour. Non so se la ragazza sia davvero una grande attrice, certo ha grinta e carattere, ed è una leading woman nonostante la sua giovane età, come peraltro si era già visto in Un gelido inverno e The Hunger Games. Occhi da lupacchiotta che ricordano quelli della giovane Forella Mannoia. Però non simpaticissima, diciamolo, un’attrice che puoi ammirare, ma che fai fatica ad amare. E quante analogie, anche se più sotterranee che manifeste, di questo lavoro di David O. Russell con Un uomo, una donna, il film cui forse Il lato positivo assomiglia di più. Anche là c’erano un lui e una lei devastati da faccende private toste che guarivano mettendosi insieme, anche là c’era una giovane vedova (Anouk Aimée).

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