Senso di Luchino Visconti (1954). Rai Storia, ore 21,10, sabato 12 gennaio 2019.Il film di Luchino Visconti che preferisco insieme a Rocco e i suoi fratelli. Più che mai da ri-vedere, Senso, una delle non molte pellicole che mettono in scena il Risorgimento, dunque attualissima per via delle infinite controversie, storiografiche, politiche, ideologiche che continuano a accendersi intorno a quel periodo (una vera guerra culturale, un Kulturkrieg come non se ne vedevano da molto nel nostro paese). Il Risorgimento amaro di Visconti è anche da confrontare con quello revisionato di Noi credevamo di Mario Martone, inatteso successo al box office di qualche anno fa.
Il racconto in Senso dell’amore matto e disperato della contessa Serpieri (una meravigliosa, memorabile Alida Valli) per l’ufficiale austriaco troppo bello e troppo giovane e dissoluto Farley Granger, in Visconti – il Visconti impegnato di allora, molto marxiano e lukacsiano – vorrebbe farsi rappresentazione della decadenza aristocratica, della fine di una classe. E di un Impero absburgico ormai allo sfascio di fronte ai nazionalismi rampanti e aggresssivi. In realtà oggi ci appare soprattutto come una straordinaria storia di amour fou, la pazzia di una donna che per passione si fa trascinare nel gorgo e nella vergogna, tradendo se stessa, il suo ceto di appartenenza, la sua italianità. Il tutto in una Venezia ancora di Francesco Giuseppe ma in attesa di riunirsi al nascente stato italiano. Melodramma inarivabile, aggiornato al gusto anni Cinquanta di Tennessee Wiliams, che difatti collaborò ai dialoghi (date un’occhiata alla lista degli sceneggiatori, c’è da rimanere senza fiato: Carlo Alianello, Giorgio Bassani, Paul Bowles, Suso Cecchi D’Amico, Giorgio Prosperi, Tennessee Williams. E poi si dice il cinema italiano di oggi). In origine la coppia protagonista sarebbe dovuta essere Ingrid Bergman-Marlon Brando. Alida Valli non fa rimpiangere la Bergman, Farley Granger invece Marlon Brando lo fa rimpiangere, e parecchio.
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