Walesa, l’uomo della speranza di Andrzej Wajda, Rai Storia, ore 21,10. Domenica 7 luglio 2019.

Andrzej Wajda (a destra) sul set
Doveva succedere. Doveva succedere che Andrzej Wajda, il cineasta polacco che meglio ha raccontato le svolte del suo paese nel Novecento, girasse un film su Lech Walesa, l’uomo che con alle spalle la forza di Papa Wojtyla ha traghettato la Polonia fuori dal comunismo. Nel 2013, a 87 anni, finalmente il regista gira questo biopic che si propone come primo obiettivo di ripercorrere fedelmente il tragitto dell’elettricista che fondò Slidarnosc, prese il Nobel, divenne poi presidente di un paese ormai post-comunista, e che lo fa, come sempre nel suo cunema, con una partecipazione che, se sfiora qualche volta la celebrazione, mai ci cade dentro. Perché Wajda, scomparso pochi giorni fa a novant’anni, è autore vero che piega le storie che racconta a se stesso, alla sua sensibiliutà e perfino ai suoi demoni, e non viceversa. Anche se Walesa è un prodotto tardo, quando la sua migliore stagione, quella degli anni Sessanta e Settanta era ormai lontana, resta un film rispettabile, robusto. Da vedere. magari con il proposito di recuperare i capolavori immensi di Wajda, Cenere e diamanti, L’uomo di marmo, I dannati di Varsavia. Ma anche il bellissimo e inquietante Katyn del 2007, su una pagina nerissima della Polonia stretta tra i colossi nazista e sovietico. Atenzione, in Walesa c’è anche Maria Rosaria Omaggio, partecipzione che convogliò gli strali e i sarcasmi della critica più oltranzista sul film quando venne presentato (fuori concorso) a Venezia.