Il bidone di Federico Fellini, Rai Storia, ore 21:10. Sabato 19 ottobre 2019.
Il film più oscurato dell’intera opera felliniana. Il meno conosciuto, il più rimosso e dimenticato. Dunque obbligatoriamente da (ri)scoprire e (ri)vedere. Male accolto fin dalla sua proiezione a Venezia nel 1955, dove venne stroncato senza pietà dai signori della critica e snobbato dal pubblico, un tale smacco che Fellini non volle più saperne di tornare in concorso alla Mostra (la lista dei registi trattati male al Lido e mai più tornati è lunga e arriva fino ad anni recenti, vedi il caso di Paul Thomas Anderson che dopo l’accoglienza gelida riservata da molta critica italiana al suo The Master si è dato alla macchia, e giustamente). Girato subito dopo il successo internazionale di La strada (Oscar come migliore film straniero) e prima di Le notti di Cabiria (altro Oscar), Il bidone resta tutt’oggi il lato oscuro di quella che è passata agli annali del cinema come la trilogia felliniana dei poveri e degli umili. Il che sembrerebbe riconnettere il regista di Rimini ai suoi esordi e alla sua stagione di fiancheggiatore del neorealismo, quella della collaborazione a Paisà di Rossellini. Ma, come apparirà lampante nella decade successiva dei capolavori assoluti, ci ritroviamo in un cinema altro e differente che trasfigura gli elementi del reale in una personale visione sub- e sur-realistica, insomma nel fellinismo inteso come deriva nell’onirico e nel fantastico-magico quotidiano. Tre truffatori si muovono nella provincia centroitalica in cerca di vittime, travestendosi da prelati o altre figure del Potere onde spillar soldi ai poveracci. In una pratica dell’inganno e della menzogna come già in altri film del regista, Lo sceicco bianco per dire, e nei successivi Le notti di Cabiria, La dolce vita (la sequenza dell’apparizione della Madonna), Otto e mezzo (dove la quantità di menzogne accumulate dal protagonista-alter ego di Fellini strutturano lo stesso racconto). Simulazioni, travestimenti, messinscene: i tre protagonisti (in testa il Broderick Crawford di Tutti gli uomini del re, cui si affiancano Richard Basehart e il mellifluo, eternamente doppio e ambiguo, Franco Fabrizi) sembrano dapprima uscire da una commedia italiana debitrice dell’avanspettacolo, ma poi slittano progressivamente verso il dramma, la disillusione, la sconfitta esistenziale. Scritto dal regista con Tullio Pinelli e il grande Ennio Flaiano, Il bidone è da vedere oggi come incunabolo del Fellini maggiore, come terreno di sperimentazione e messa a punto di un cinema unico e assai personale destinato a rivoluzionare lo stesso cinema globale. Con Giulietta Masina e Lorella De Luca. Broderick Crawford fu la seconda scelta: la parte era stata proposta a Humphrey Bogart, costretto a rifiutare per malattia. Assistente alla regia uno dei grandi fuorilegge del nostro cinema, l’Augusto Tretti di film anarchici e irriducibili a ogni medietà come La legge della tromba e Il potere.
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