Diavolo in corpo di Marco Bellocchio, Cielo, ore 0:15. Giovedì 30 luglio 2020.
Ormai venerato maestro, Marco Bellocchio va rivisto e rivisitato anche nelle sue fasi più discusse con la devozione che si è meritato in una carriera lunga e accidentata ma sempre di massima coerenza. E allora si (ri)guardi questo film del suo periodo più scatenato e cultistico – siamo nel 1986 -, quando le sceneggiature del maestro di Bobbio grondavano di frequentazioni psicanalitiche e indagavano il territorio dell’eros. Specie se, come qui, intersecato al cosiddetto sociale e politico. Diavolo in corpo del romanzo di Radiguet prende solo il titolo, immagino per evidenziare la forza più distruttrice che creatrice dell’eros senza freni e la sua centralità nelle traiettorie esistenziali di uomini e donne. Un film sospeso tra ambizioni autoriali e kitsch intellettuale, con dunque parecchi momenti di massimo godimento. Plot pazzesco, con una ragazza romana innamorata del terrorista simil-brigatista, ora pentito, sospettato di aver ucciso suo padre comissario di polizia (e già questo). Intanto però cede all’assillante pressing del figlio del suo psicanalista, con cui è amour-passion al limite dell’incandescenza. Memorabile blow job che fece parlare parecchio gazzette e gazzettieri, ma non riuscì lo stesso a trasformare il film in un successo al box office. Però imprescindibile, altroché. Con la Maruschka Detmers del godardiano Je vous salue Marie e Federico Pitzalis, poi scomparso dai radar.
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