Film stasera in tv: THE ACCOUNTANT (merc. 7 ottobre 2020)

The Accountant di Gavin O’Connor, canale 20, ore 21:05. Mercoledì 7 ottobre 2020.14713071_1300446869987371_3171682903959034498_oThe AccountantThe Accountant, un film di Gavin O’Connor. Sceneggiatura di Bill Dubuque. Con Ben Affleck, Anna Kendrick, J.K. Simmons, John Lithgow.
14711080_1292315557467169_7471360876428599683_oUn altro film con un protagonista affetto da disturbi psichici e però dotato di sbalorditive capacità di calcolo, come in A Beautiful Mind e The Imitation Game. Però Christian Wollf la sua abilità la mette al servizio della contabilità aziendale, e dei gruppi criminali. Ottima e per niente banale partenza per un action-noir che per due terzi funziona benissimo giostrando su più livelli narrativi, ma che alla fine si banalizza per eccesso di psicologismo e correttezze politiche. E però, che spettacolo Ben Affleck, maestoso e marmoreo come certi Clint Eastwood e Schwarzenegger. Voto 6 e mezzo
14570584_1287309111301147_1647788025736958647_oQuello del genio con disturbi psichici, e genio in quanto psichicamente disturbato, è ormai un genere del cinema, e non solo (per dire: il romanzo Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, peraltro pure quello in via di diventare un film). Per genio intendo, alla larga, uno dotato di speciali talenti, di skills superiori alla media. Trattasi, in fondo, di un’evoluzione dell’equazione romanticista genio-e-sregolatezza (ah, signora mia, ma Van Gogh avrebbe dipinto quel che ha dipinto se non fosse stato matto?) che parecchio ha prodotto al cinema. Da A Beautiful Mind (genio della matematica affetto da schizofrenia: storia vera) a Molto lontano, incredibilmente vicino (talentuoso ragazzino di nome Oskar affetto da sindrome di Asperger, forma blanda di autismo) a The Imitation Game (pare che Alan Turing, il matematico di cui il film racconta ascesa e caduta, forse anche lui un Asperger). Preambolo per arrivare a dire come questo The Accountant, con il suo main character di nome Christian Wollf pure lui Asperger (ma è una moda! ma è una mania!), è solo il caso più recente di un genere rigoglioso. Con però una novità. Stavolta l’affetto dalla sindrome (per saperne di più ecco il link) è sì, al pari dei suoi predecessori cinematografici, dotato di sbalorditiva capacità di calcolo – essendo le scienze dei numeri campi in cui eccellono gli autistici blandi -, e però applicata non più alle più astruse teorie matematiche, ma, più banalmente, alla contabilità aziendale. Non immaginatevi però un oscuro travet di aspergeriana introversione e non-comunicazione col resto del mondo lavoratore dipendente in un qualche anonimo ufficetto, macché, l’accountant del titolo è un re della partita doppia e delle alchimie di bilancio, chiamato a risolvere enigmi, misteriosi ammanchi, inesplicati flussi di denaro in uscita, cifre che non tornano. E risolvendoli con sbalorditiva velocità. Ricorrono alle sue competenze pure i poteri criminali organizzati quando si tratta di occultare, riciclare, spostare capitali, e lui sempre pronto a correre da un paradiso fiscale all’altro. Mica solo un ragioniere però. La sindrome di Asperger, unita all’implacabile training cui lo ha sottoposto-costretto il tosto padre militare Usa fin da bambinetto affinché vincesse quelle sue fragilità, lo ha dotato anche di una bella capacità di combattimento. Il contabile Wollf (omaggio al tarantiniano ‘mi chiamo Wolf e risolvo problemi’?) è abile con pistola e arti marziali quanto lo è con i bilanci, e, quando si incazza, spara e ammazza da gran killer professionista. Sicché quando una banda di mafiosi fa fuori Francis Silverberg, il tesoriere pentito della criminalità che in galera lo ha introdotto ai misteri dell’economia sporca e parallela, lui mette mano alle armi e fa una strage. Perché gli amici sono gli amici, e guai a chi li tocca. Ormai richiestissimo, Christian Wollf viene ingaggiato da un produttore di ingegnerie biomediche in forma di protesi-robot per far luce su un ammanco. Cos’è successo, chi è il ladro? Dopo aver messo ordine in quella babele di numeri nel giro di una sola notte, il valente accountant si ritrova però risucchiato in un’ambiguissima storia dove lui e una sua collaboratrice devono scappare da misteriosi sicari che li vogliono morti, e più lui di lei, ovvio. Una caccia all’uomo in cui Wollf, ribaltando le parti, diventerà lui il cacciatore. Non bastasse, l’Fbi cerca di incastrarlo sguinzagliando un’agente assai svglia sulle sue tracce. Non bastasse ancora, c’è anche una corposa sottotrama familiare ricostruita in flashback, con un padre tostissimo, un fratellino compagno di sventura e nello stesso tempo rivale, una madre che li abbandona. E tante, tante sofferenze per il piccolo Christian affetto da Asperger, dunque sempre un filo catatonico, assente, sconnesso dal mondo, bullizzato dai compagni ecc. ecc. Ci son parecchi livelli in questo film, anche troppi, la malattia, le storie di famiglia, l’action-noir, che però stanno benissimo insieme fino a due terzi. Poi nella fase ultima il fino a quel momento pregevole The Accountant si affloscia e implode, con un ricongiungimento familiare improvviso quanto improbabile che neanche Carolina Invernizio (o Raffaella Carrà), con un finale molliccio per buonismo e correttezza ideologica, con tutte quella retorica sulla diversità quale prezioso scrigno di abilità che i cosiddetti normali non possono avere. Meglio l’aspergeriano Wollf quano si applica ai conti pericolosi di ancora più pericolose aziende criminali o si trasforma in combattente. Allora sì che il film funzion a e si lascia seguire con massimo nostro diletto. Merito anche del monumentale, anche per possanza, Ben Affleck. Sì, avete letto bene. Basta denigrarlo e irriderne la (presunta) cagneria. Lui, assai intelligentemente (come ha scritto Luca Pacilio su Fb), della sua inespressività ha fatto un’abilità, o meglio una cifra stilistica, esattamente come il suo personaggio trasmuta il proprio autismo  in opportunità. Con un corpo sempre più muscolare e quasi fumettistico che gli ha tolto ogni agilità conferendogli un incedere lento e severo, con il movimento facciale come bloccato da una dose masssiva di botulino, Affleck trasforma se stesso in un’impassibile e maschia maschera kabuki. Un uomo di marmo, o come intagliato nel legno, maestoso come una statua, con una fissità che ricorda quella dei più totemici Schwarzenegger e Clint Eastwood. Era già formidabile in Batman v Superman, qui si iconizza definitivamente passando da manzo a solida quercia.

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