Certain Women di Kelly Reichardt, Rai 3/Fuori orario, ore 1:25. Venerdì 16 ottobre 2020. Da domani su RaiPlay.
Indispensabile. E fa niente se non ce la si fa stanotte a Fuori Orario, da domani Certain Women, Certe donne, dovrebbe essere su RaiPlay. Indispensabile perché chi sta dietro alla mdp, Kelly Reichardt, è oggi tra le più accreditate autrici dell’indie americano, un nome di riferimento del cinema delle donne, presente da qualche anno nei festival maggiori ora come filmmaker ora come giurata (con questo incarico era a Cannes 2019, se ricordo bene, l’anno di Parasite). Una decina di anni fa – era esattamente il 2010 – a Venezia andò in concorso, assai bene accolto, il suo western anomalo e esistenziale Meek’s Cutoff, tre anni dopo, sempre a Venezia, sempre in concorso si vide il molto bello e molto sottostimato e dostojevskiano Night Moves su una cellula di ecologisti terroristi, film coraggioso e anti-ideologico. Io mi sono definitivamente innamorato del suo cinema lo scorso febbraio alla Berlinale dopo la proiezione del suo (magnifico) First Cow, rilettura della corsa al West secondo lo stile austero e pudico ma non privo di sommesse ironie di Reichardt, purtroppo uscito dal festival senza uno straccio di premio. Prima però nella filmografia di KR c’era stato questo Certain Women, anno 2016, il titolo che l’ha consacrata agli occhi della critica anglofona (da noi non credo sia mai uscito in sala, solo qualche fugace apparizione qua e là, come al festival milanese di cinema al femminile Sguardi altrove dove riuscii a intercettarlo). Storia, storie di donne. Tre donne, ognuna con la sua traiettoria, in una piccola città a casa di Dio nel Montana, riprese da un racconto di Maile Monoy. Non c’è che il comune luogo in cui si muovono a connetterle, perché solo assai lateralmente e labilmente avranno modo di sfiorarsi. Donne tutte alle prese con vuoti, fratture, sblanciamenti, tutte prossime sapendolo o non sapendolo a un punto di svolta, a una soglia critica. Un’avvocatessa con un cliente complicato e potenzialmente pericoloso. Una donna che con il marito ha lasciato la città per ritirarsi lì nel nulla e impegnata nella costruzione della nuova casa. Una giovane laureata in legge che ha deciso di insegnare in una scuola serale dove incontrerà una ragazza che lavora in una farm. E tra loro sarà sotterranea ma decisa attrazione. Racconti davvero minimi, ‘ad altezza di tatami’ per dirla con Ozu, che lo sguardo pudico, osservativo e insieme partecipe di Reichardt sa rendere densi di senso e universali, e però mai un urlo, mai un tutto pieno retorico, sempre un rigore e un controllo della materia narrativa che rimandano ai grandissimi della sottrazione come Bresson o Dreyer. Cinema che ti entra dentro e non se ne va più via. Il cast: Laura Dern, Michelle Williams e una Kristen Stewart che defnitivamente si emancipa dall’eredità di Twilight e ci consegna il ritratto dell’avvocatessa-insegnante affascinata dalla sua allieva. Si rivede René Auberjonois, attore altmaniano, dell’Altman della stagione maggiore (Anche gli uccelli uccidono, Images).
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