Genitori, un documentario di Alberto Fasulo (2015). Rai Storia, ore 23:00, sabao 8 maggio 2021.
Alberto Fasulo è, semplicemente, uno dei nostri maggiori filmmaker. Lo sa chi ha potuto vedere quel gran film che è TIR, a oggi il suo vertice, vincitore inaspettato di un festival di Roma (quando ancora c’era Marco Müller che cercava di farne pur tra mille impedimenti qualcosa di importante), situato in una feconda terra di mezzo tra cinema del reale e finzionalizzazione a riflettere la vocazioni forte all’ibridazione di tanto cinema degli anni Dieci. Resta un lavoro di frontiera, dei bordi, quello di Fasulo, non solo per come si muove tra quelle due declinazioni peraltro sempre più convergenti di cinema ma anche, letteralmente, geograficamente, per come si colloca lontano da Roma, dal centro di ogni sistema del nostro entertainment, per esplorare e raccontare l’estremo Nordest, il Friuli, l’area giuliana, i lembi già slavi appena oltre confine. In questo suo rifugiarsi nel Nord più scabro Fasulo ricorda Ermanno Olmi, al cui magistero mi sembra si sia rifatto nel momento di imbastire quello che resta a oggi il suo ultimo film, Menocchio, presentato in concorso a Locarno, atipica ricostruzione nei modi tra cinema docu-etnografico e cinema überautoriale alla Dreyer di un caso di eresia nel Friuli rurale ai tempi di Riforma e Controriforma.
È stato girato tra TIR e Menocchio questo Genitori, docu in purezza, senza ibridazioni, in cui Fasulo ripropone la sua visione di un cinema spoglio, privo di bellurie e orpelli, compresso all’essenzialità dei suoi soggetti e del proprio oggetto di indagine e narrazione. Che qui è la condizione delle famiglie con un figlio disabile o diversamente abile. Siamo a San Vito al Tagliamento, Friuli, città natale del regista, e la cinepresa va a riprendere, di volta in vita a distanza diversa, un gruppo di genitori di figli disabili che si ritrovano ormai da quindici anni al ritmo di una riunione ogni due setimane. Un gruppo consolidato pur nelle molteplici differenze interne, ormai una sorta di famiglia allargata che tutte le comprende. Non succede nulla se non il racconto pudico di sé e del proprio vivere, del presente e del passato. Ma Fasulo riesce senza darlo a vedere a arrivare al cuore di questioni di capitale importanza, per i testimoni del suo film e per noi.
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