Cannes 2021. Recensione: LA FRACTURE, un film di Catherine Corsini. ER al tempo dei gilet gialli

La Fracture di Catherine Corsini. Con Marina Foïs, Valeria Bruni Tedeschi, Pio Marmaï, Aissatou Diallo Sagna. Francia. Concorso. Voto 6 e mezzo
Abile. Programmato per piacere al pubblico e non solo a quei malmostosi dei festivalieri, e piacerà. Girato con mestiere egregio da una regista distintasi finora per opere più di scavo psicologico e vario engagement invece qui convertita al cinema di presa immediata, oltre che al cinema affresco, multifocale, di storie e caratteri intersecati sovrapposti rimescolati. Del resto il pronto soccorso – e lì che si svolge La Fracture, titolo insieme fattuale e metaforicissimo (si rompe un braccio uno dei personaggi guida, si spacca la Francia in preda alle convulsioni della rivolta) – è da sempre luogo d’elezione e teatro ora dell’assurdo, ora di drammi e melodrammi di famiglia, ora di indagine sociale: anni e anni di quella pionieristica serie che era ER non sono passati invano.
Stavolta siamo a Parigi, in un ospedale in pieno centro, nel reparto delle emergenze, con la varia umanità (e disumanità) che si può immaginare, con i medici infermieri OSS, “gli angeli delle corsie”, passare tesi e rapidi da un paziente all’altro, tutto un spingere lettini, stendere su tavoli operatori, intubare, defibrillare, medicare, suturare, ricucire, sempre a ritmi concitati perché oggi se un film con una qualche pretesa di farsi vedere dal publico non ha la velocità di una battagliona da Avengers semplicemente non è. Focus su una paziente stramba, difatti è Valeria Bruni Tedeschi che fa Valeria Bruni Tedeschi, lamentosa e isterica (si potrà ancora dire?) che dopo aver insultato per notti e giorni la sua fidanzata (“ma copine”) ora stesa al pronto soccorsa la chiama, la invoca, pretende di averla vicino, difatti la signora si precipita e il film è anche il bisticciare e il battibeccare e il rinfaccio tra le due sull’orlo, anche loro!, di una frattura, intesa come separazione.
Naturalmente la Valeria Bruni Tedeschi è una bon chic-bon genre (disegnatrice, mentre la fidanzata è editrice), una sciura gauche caviar che quando nel lettino accanto si ritrova tutto pestoccato un camionista per niente chic incomincia a litigare con lui in una specie di Katharine Hepburn-Cary Grant movie trivializzato ai temi nostri, con pure una qualche eco del Travolti della Wertmüller. È che sono in corso là fuori, appena fuori (tant’è che la nube dei lacrimogeni invaderà a un certo punto il pronto soccorso) gli scontrto tra Gilet gialli e polizia e lui, il vicino di letto, è un Gilet ferito, sicché la borghese Valeria BT subito lo accusa di essere di destra, di aver votato sicuramente “la blonde” (sta per Marine Le Pen, ovvio). Intanto arrivano a ondate altri contusi, altri malmenati dalla police e potete immaginare lo sbattimento degli operatori sanitari allo stremo nonché il loro lamento (“siamo sottostaffati!”, dovè che l’abbiamo già sentita?). Tra i quali spicca un’infermiera di radici africane che si rivelerà la vera eroina del film. Aggiungetevi un’infinità di altri personaggi e sottotrame a comporre il colorito e colorato affrescone e avrete questo film che si lascia guardare molto volentieri, girato dalla Corsini con movimenti velocissimi di macchina a mano e a spalla, pure con piani sequenza serpentini da una stanza all’altra, da un letto all’altro, da una ferita e contusione all’altra neanche fossimo in film giovanottesco dei più frenetici.
Copiosi applausi alla fine, come no, ma era il caso di mettere in concorso un film come questo che è puro mainstream con tutt’al più una qualche ambizione di denuncia e quadro sociale (i Gilet gialli sono mostrati con malcelata simpatia. E pure in un film utramilitante gauchiste-antagonista, e azzardiamo neocomunista, visto alla Quinzaine, Retour à Reims, si mostra una grande indulgenza verso i suddetti gilet visti come lottatori di classe: occorrerebbe indagare meglio sull’argomento e capire). Dimenticavo gli interpreti: oltre a VBT che straborda e si ruba il film ci sono Marina Foïs quale sua paziente fidanzata e Pio Marmaï quale prolo-camionista. Tutti perfetti, ça va sans dire. Sarà un grande successo di sicuro. Ha pure l’aria del pilot di una possibile serie, stiamo a vedere.

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