Charlie Says di Mary Harron (2018), Rai 4, ore 21:21. Domenica 29 agosto 2021.
Mary Harron, una regista attratta dall’atto criminale e da chi lo commette. I suoi film più famosi sono quelli che si configurano come anatomia di un/una omicida. Perché a interessarle è lo sguardo, il punto di vista del killer. Emblematicamente, la sua migliore riuscita resta American Psycho. E se nel suo esordio Ho sparato a Andy Warhol ricostruiva la storia di colei che aveva attentato alla vita del signore-padrone della Factory, la scrittrice e femminista estrema Valerie Solanas*, qui in Charlie Says racconta donne che l’omicidio non l’hanno solo tentato ma realizzato nel modo più selvaggio. Anche se le tre assassine di cui ricostruisce – non documentaristicamente ma narrativizzandoli – atti e misfatti sono state mandate e manipolate da un uomo: Charles Manson, il Charlie del titolo. Charlie dice, Charlie parla, Charlie plagia, Charlie delira, Charlie soggioga, Charlie ordina di ammazzare. E Susan Atkins e Patricia Krenwinkel vanno a ammazzare nel modo più cruento, accoltellando, squarciando, Sharon Tate e quattro suoi amici nella notte tra l’8 e il 9 agosto 1969, notte destinata a entrare nella mitologia nera del Novecento. Saranno coinvolte il giorno dopo, il 10 agosto, in un altro massacro (alzi la mano chi se lo ricorda), quello di Leno LaBianca e della moglie Rosemary, insieme a un’altra ragazza della Manson Family, Leslie Van Houten (a questo doppio omicidio partecipa lo stesso Manson che, vale la pena ricordarlo, non era andato a casa Polanski limitandosi al ruolo di mandante e stratega).
La pena capitale, cui Susan, Patricia e Leslie vengono condannate, sarà poi commutata in ergastolo. Ed è a partire dal loro terzo anno di carcere che Mary Harron le racconta, da quando una docente, Karlene Faith, cerca di coinvolgerle in un programma di recupero. La tensione del film sta tutta nel mostrarci e farci capire, attraverso il lavoro di Faith, attraverso gli incontri e i dialoghi con le Manson Girls, come il demoniaco Charlie fosse riuscito a condizionare e impossessarsi delle menti dei suoi seguaci, e quali fossero le dinamiche di potere su cui si reggeva il clan. Ma Charlie Says va oltre i fatti per diventare sempre più sottilmente un racconto osservativo e avalutativo, per quanto morale, sulla possibilità/impossibilità del cambiamento, del pentimento e della redenzione. Proiettato a Venezia Orizzonti 2018 (quindi parecchi mesi prima del lancio a Cannes di C’era una volta a Hollywood, dove Quentin Tarantino ri-racconta a modo suo e assai discutibilmente il massacro di casa Polanski), Charlie Says non convinse granché e fu una delusione al box office anche la sua uscita americana. Ma Harron resta autrice assai personale e non omologata al mainstream e questo suo film qualcosa da non trascurare che merita ampiamente una ri-visione.
* nel suo sovversivo manifesto SCUM teorizzava-auspicava l’eliminazione del maschio.
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