
Le illusioni perdute

On the Job: The Missing 8
Mai come quest’anno il numero dei favoriti è alto, molti i buoni e gli ottimi titoli, nessuno che si stacchi nettamente dagli altri. Quindi pronostici pressoché impossibili, ma proviamoci, in fondo è solo un gioco. Il verdetto, al solito, dipenderà soprattutto dal presidente di giuria, qui il molto competente, molto innamorato del cinema Bong Joon-ho, direi il presidente ideale. Forse con lui si spezzerà la lunga stringa che dura da qualche anno di Leoni d’oro assegnati a film buoni ma non eccezionali, troppo ecumenici, troppo poco divisivi e urticanti: è ora di tornare a scelte più audaci, anche rischiando di scontentare parte del pubblico e della stampa. Quanto a me, spero che a vincere che sia uno dei sei fim che più mi sono piaciuti (vedi post precedente), nell’ordine: The Card Counter, Reflection, Captain Volkonogov Escaped, On the Job: The Missing 8, Un autre monde e Qui rido io.
Gli italiani: Sorrentino e Martone. Si dà in ottima posizione Qui rido io di Martone e però mi chiedo, ai giurati stranieri sarà piaciuto? cosa ci avranno capito di quella Napoli primo Novecento? Più chance per l’altro film made in Naples, È stata la mano di Dio, se non altro perché Sorrentino lo conoscono tutti in tutto il mondo per via della Grande bellezza. Per gli altri tre italiani niente da fare. A meno che Freaks Out, a mio parere indigeribile pastone, trovi estimatori in giuria.
Risarcire Pedro Almdovar e Paul Schrader. La giuria potrebbe assegnare finalmente il Leone all’Almodovar di Madri parallele, degnissimo film anche se non il suo migliore, quale risarcimento per le vittorie sempre sfiorate e sempre mancate ai vari festival. Ricordiamoci che a Cannes 2019 a sconfiggere il suo bellissimo Dolor y Gloria fu proprio l’attuale capogiurato Bong Joon-ho con Parasite, il quale potrebbe sgravarsi di qualche senso di colpa restituendo a Pedro quello che gli fu tolto allora. Altro illustre dimenticato è Paul Schrader, che non ha mai visto da vicino, almeno come regista, né Leone né Palma né Orso. Se lo si premiasse per The Card Counter un altro debito sarebbe saldato.
Avanza nei pronostici L’Événement. Un film francese diretto da Audrey Diwan (confesso: un nome mai sentito prima di questo Venezia 78) che ha tutto per portarsi via il massimo dei rinonoscimenti. È di una regista donna (e Venezia si allineerebbe a Cannes che ha premiato lo scorso luglio la Julia Ducournau di Titane), il che di questi tempi, inutile fare gli ipocriti, aiuta. È un film sull’aborto in una Fracia ancora proibizionista. Soprattutto è un buonissimo film, fors’anche grazie al libro di Annie Ernaux da cui è tratto (scrittrice non sospetta di abbandoni sentimentali e ruffianaggini), che, pur trattando un tema anora oggi così politico, evita ogni ideologismo. Non è il mio preferito del concorso, ma l’ho apprezzato e se vincesse non griderei allo scandalo.
E Brizé? Anche lui potrebbe farcela. Ha convinto tutti Un autre monde, film che chiude la trilogia del francese Stéphane Brizé sulla crisi del lavoro in Occidente. Sempre con Vincent Lindon, stavolta manager di una fabbrica che deve tagliare il 10 per cento dei dipendenti. Solo dialoghi, confronti con i sindacati e la superboss francese (e digressioni su crisi matrimoniale), ma lo si segue come un thriller. Tutto è credibile, si vede che il regista conosce bene il mondo del lavoro (di quanti dei nostri filmmaker si può dire altrettanto?). Con un uso della mdp non convenzionale.
Il period movie che non ci si aspettava. Le illusioni perdute è stato una delle sorprese vere del concorso per come il regista di Xavier Giannoli è riuscito a ridare vitalità a un genere polveroso e logoro come il film in costumi Ottocento. E, trasponendo su schermo il romanzo di Balzac, lo attualizza assai intelligentemente con allusioni all’oggi: stampa al servizio dei poteri, fake news, recensioni comprate e vendute. Un godimento per lo spettatore.
Giurati, osate! Certo sarebbe bello se il Leone andasse a uno dei film-coraggio (per cosa raccontano e per come lo fanno) del Concorso: l’ucraino Reflection di Valentyn Vasyanovych, il russo Captain Volkonogov Escaped di Natasha Merkulova e Aleksey Chupov (parlando del 1938 e delle purghe staliniane si discosta da ogni precedente film politico mescolando l’action, il grottesco, una visione spiritualista), il filippino On the Job: the Missing 8 di Erik Matti, travolgente denuncia della corruzione in un piccola città.