White Noise (Rumore bianco), un film di Noah Baumach. Con Adam Driver, Geta Gerwig, Don Cheadle. Concorso. Voto 7
Rumore bianco resta il romanzo più popolare e più venduto, forse anche il meno ostico, di Don DeLillo. Ma con una scrittura pur sempre intraducibile in immagini per la sua voluta a-espressività, il suo essere un flusso in cui annegano uniformemente micro e macroeventi. L’impresa disperata l’ha tentata un autore del cinema di parola nella sua versione comedy urbana-yiddish come Noah Baumbach: riuscendoci, almeno in parte. Già in Marriage Story ci aveva mostrato di volersi inoltrare in territori più aspri e oscuri della commedia, la mutazione si completa adesso, anche se il suo campo di intervento continuano a essere i grovigli familiari e di coppia. Ce la fa a spettacolarizzare un romanzo privo di coloriture emozionali, a creare una narrazione e dei climax là dove nel libro c’è solo un’asettica neutralità che si confronta alla stessa (bassa) intensità con personaggi maggiori e minori, bagattelle e eventi massimi, comportamenti razionali e deliri. Tutti elementi accumulati con la fredda osservatività dell’entomologo, mentre Baumbach aumenta di parecchio la temperatura e riesce a imprimere una linea narrativa a quei materiali da laboratorio di teoria del romanzo. Una famiglia medioaltoborghese, lui docente in un’università minore di “studi hitleriani” (disciplina di cui è stato il fondatore), lei moglie e madre con varie attività collaterali, come corsi di postura in parrocchia. Più matrimoni sia per lei che per lui alle spalle, quattro figli di cui sia leggendo il libro che vedendo il film si stenta a ricordare di quali genitori siano, tanto è complicata la genealogia di casa. Quattro in tutto, due ragazze, più un ragazzo e un ragazzino. Baumbach mantiene quasi alla lettera i dialoghi nonsensical e divaganti di quell’insensato, mediocre quotidiano di cui DeLillo è insieme osservatore e a modo suo cantore, oltre che il concatenarsi dei fatti, tutt’al più smontando e rimontando senza darlo troppo a vedere l’ordine temporale. Al pigolio e chiacchericcio senza sosta della prima parte si passa al Grande Evento, quando una nube tossica si sprigiona dallo scontro tra un autotreno impazzito e un convoglio ferroviario sconquassando l’ordine costituito. La quieta cittadina di Blacksmith sprofonda nella quasi apocalisse, tra esodi forzati, campi di concentramento improvvisati, strani fenomeni da avvelenamento. Precipitano anche gli equilibri di coppia, innescati dalla scoperta che l’irreprensibile moglie e madre ha sviluppato un’addiction pericolosa per un misterioso farmaco mai registrato da nessuna parte. L’apocalisse si tinge di complottismo e dei giochi sporchi di Big Pharma. Noah Baumbach costruisce il suo film più ambizioso e complesso dimostrando di saper tenere sotto controllo materiali narrativi e registri diversi, con un impegno che è visibile nella cura dei dettagli, nella messa a punto dei personaggi, nella messinscena che rifà gli anni Ottanta senza le svenevolezze nostalgiche oggi dominanti. Non riesce però a comunicare il disagio metafisico con cui DeLillo prende alla gola il lettore, quel senso di un mondo sprofondato nel caos dove nessuna ragione ordinatrice è più possibile. Il risultato è un film intelligente e anche intrattenente, ma che non raggiunge mai la profondità del testo originale. E che non ce la fa a riscattare quello che oggi rischia di apparire datato del libro, la critica al consumismo e ai luoghi della sua celebrazioni come i grandi shopping center o l’ecologismo più semplificatore e ingenuo. Un film serio, diligente, ma non così brillante come ci si sarebbe aspettato, che però potrebbe guadagnarci a una visione più serena oltre i festival e crescere nel tempo. Adam Driver come pater familias è un po’ troppo basso d’età (nel romanzo il suo personaggio ha più di 50 anni), ma è come sempre credibile. Oggi il miglior attore americano. Greta Gerwig sembrava inadatta a incarnare Babette, la moglie burrosa e accogliente, avvolgente e materna, così almeno la descrive DeLillo. Invece è convincente, perfetta.
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