Cannes 2023. THE ZONE OF INTEREST di Jonathan Glazer. Al di qua del muro

The Zone of Interest (La zona di interesse) di Jonathan Glazer. Con Sandra Hüller, Christian Friedel. Concorso. Voto 7+
Si temeva lo scandalo, di quelli che infiammano ogni tanto i festival. Per l’essere, The Zone of Interest, un film sull’Olocausto ma visto dalla parte dei carnefici, dei diligenti esecutori del Male. Cronaca assai minimal dei giorni del comandante di Auschwitz-Birkenau, Rudolf Höss, SS tendenza più organizzativa-burocratica che strettamente militare, e della sua famiglia: la moglie Hedwig, arianamente bionda e impeccabile, venuta dal popolo e adesso riconosciuta signora d’alto rango e i figli altrettato biondi e occhioazzurrati (e qui un dubbio sovviene: non è che il pur talentuoso Jonathan Glazer esageri con gli stereotipi?). Lui, Rudolf, sempre assai indaffararo a ispezionare, interrogare sottoposti, tenere i rapporti con i gerarchi più alti in grado del Terzo Reich, ricevere team di tecnici che gli sottopongono nuovi progetti per migliorare la produttività delle camere a gas. Anche perché sta per diventare operativo il trasporto di 700mila ebrei ungheresi, prima dalle città e villaggi minori poi da Budapeste, verso i campi di sterminio, e Auschwitz-Birkenau deve essere al massimo della sua efficienza.
Ecco, ci si aspettavano le polemiche che avevano accompagnato il libro omonimo di Martin Amis cui si è ispirato Jonathan Glazer (ricordate? Suo quell’Under the Skin fischiatissimo una decina di anni a Venezia e oggi venerato come un classico). Vale a dire: è lecito raccontare la Shoah dalla parte del, dei, boia, e la loro autopercepita normalità? Non si rischia di giustificare, minimizzare, relativizzare il Male? Non è un insulto alle vittime adottare il punto di vista degli assassini? Questioni assai intricate che hanno impedito a Martin Amis di pubblicare il suo romanzo in alcuni paesi (Amis è scomparso pochi giorni fa, all’indomani della prima mondiale del film qui a Cannes).
Ma Jonathan Glazer evita abilmente lo scandalo, tenendosi alla larga da ogni sospetto di exploitation, di sfruttamento indebito della materia. Innanzitutto raggelando la messisncena in quadri in cui i personaggi, pelopiù in campo medio e lungo, sono sottopostia a un processo di desoggettivizzazione, di assimilazione al paesaggio, di reificazione che blocca ogni contaminazione emotiva. Visivamente magnifico, di accecante perfezione formale, se mai La zona di interesse sfiora pericolosamentela l’estetizzazione dell’abietto e una sinistra, lugubre bellezza. Sempre che sia ammissibile ricorrere a una simile categoria per una storia che si situa appena “al di qua” del muro che circonda Auschwitz-Birkenau. Il campo degli orrori e della sopraffazione è là, a pochi metri, ma è rigorosamente tenuto fuori campo, solo la ciminiera è visibile sullo sfondo. Glazer ricore all’evocazione, a un cumulo di segni attraverso i quali cioè che non è mostrato direttamente entra nella nostra zona percettiva. In fondo, The Zone of Interest ricorda certi film su una realtà separata, su una bolla in cui tutto e tutti sono perfetti, obbligati in un certo senso alla perfezione, ma che noi oscuramente percepiamo come sospesa sull’abisso. La fabbrica delle mogli, The Truman Show, il recente – visto lo scorso anno a Venezia – Don’t Worry Darling: teatri artificiali in cui si recita una normalità impossibile. La moglie di Höss sembra davvero una delle donne robotiche della Fabbrica delle mogli. Inamidata, rigida, algida nel suo adeguarsi totalment all’ideale dell’ariana moglie e madre feticizzata dal Terzo Reich. Ma dal suo giardino con piscina si intravede il camino del campo, si sentono le urla dei prigionieri, i latrati dei cani e degli aguzzini. Solo attenuati da quella barriera che separa il mondo di Hedwig dall’inferno. E il cielo plumbeo, con qelle nubi pesanti uscite dalle ciminiere. Hedwig adora quella sua casa, la considera profondamente sua, ideale per viverci e per allevare i figli, e quando al marito impongono un trasferimentoi-promozione a Oranienburg lei si rifiuta di seguirlo, vuole restare in quel suo paradiso con i bambini, e riuscià a vincere. Il trasferimento rientra, Rudolf resterà il capo di Auschwitz, il paradiso personale di Hedwig è salvo.
Ma l’orrore filtra. Le amiche raccontano di pellicce e vestiti sottratti alle prigioniere ebree, di un diamante trovato in un dentifricio dove l’aveva nascosto una deportata. I soliti ebrei furbastri, commenta la tizia. Mai un fremito di pietà, mai un dubbio. Dal campo arriva anche l’amante-oggetto sessuale di Höss. Cinema della crudeltà e dell’impassibilità alla Haneke, difatti il protagonista viene dal cast del Nastro bianco, e però Jonathan Glazer non è (ancora) all’altezza del maestro, non ne replica la somma abilità nell’importare nella quotidianità la minaccia, il senso inesorabile della fine, l’odore dell’orrore. Grande metteur en scène, Glazer, nel suo encomiabile sforzo di evitare la rapresentazione dell’irrapresentabile, rischia di far evaporare il senso del Male, di depotenziarlo. E alcune scelte sono difficili da capire, come l’inserimento di una parte semianimata in grigio e nero con una ragzza – un vicina? una proiezione dei fantasmi inconsci di casa Höss? una sonnambula come qualcuno ha scritto? – che di notte si aggira ne dintorni del campo e forse raccoglie messaggi, indizi lanciati da chi sta all’inferno. Per spiegare la catatonia psichica e morale della famiglia Höss si è ricorsi, quasi in automatico, a quella “banalità del male” concettualizzata e messa a punto da Hannah Arendt nel suo testo sul processo Eichmann. Servendosene però come di un passepartout di pronto uso, banalizzandola se così si può dire anziche utilizzarla, come in Arendt, come scandaglio dei sottosuoli dell’umano. Della Zona di interesse si dovrà riparlare al di fuori della boglia del festival. Intanto gran prova di Sandra Hüller lanciata qualche anno fa proprio a Cannes da Toni Erdmann e quest’anno in concorso, oltre che con The Zone of Interest, anche con Anatomia di una caduta di Justine Triet. A oggi la più indiziata per il premio alla migliore attrice.

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