Pane, amore e fantasia, Tv 2000, ore 22,05. Lunedì 7 novembre 2016.
Io lo adoro, semplicemente. Ogni volta che lo rivedo resto incantato, soggiogato, dall’infinita grazia con cui l’allora ancor giovane Luigi Comencini (era il 1953) riuscì ad orchestrare questa commedia popolare (neorealismo rosa chiamarono il genere certi critici, non senza un malcelato disprezzo). Ritratto di un’Italia che non c’è più da un pezzo, che forse non esisteva più nemmeno allora, se non nei sogni di un pubblico che si ostinava a rimpiangerla e a esigerne la rappresentazione. La buona Italia del popolo buono e semplice, di buoni e puliti sentimenti, di piccole beghe e grandi solidarietà e slanci. Sì, puro cliché. Sì, un teatrino dei pupi probabilmente fasullo. Però di incommensurabile potere fascinatorio, ancora oggi. Comencini possedeva un’eleganza, una misura, un innato senso del gusto che gli impediva, anche in film come questi, di buttarla in caciara, gazzarra, suburra, in populismo, in vernacolismo, in commediaccia all’italiana. La Ciociaria contadina in cui si svolge Pane, amore e fantasia (titolo geniale e bellissimo) ha la pulizia e la purezza archetipica delle favole. Il quartetto dei personaggi che si muove su questo teatro è ormai leggendario. C’è il Maresciallo donnaiolo e maturo che viene trasferito nella locale stazione dei carabinieri (un Vittorio De Sica immenso, trombone e incantatore come mai nessuno prima di lui al cinema, e come nessuno dopo, tranne forse certo Mastroianni), c’è la sua domestica Caramella che se lo coccola e strapazza come una burbera mamma sostitutiva (Tina Pica, come dimenticarla?). Aggiungiamo la Bersagliera, popolana popputa e scarmigliata (una Gina Lollobrigida al suo meglio di sempre, insieme a La romana), icona di quella femminilità italo-mediterranea che con lei e la Loren di lì a poco conquisterà il mondo, e la ostetrica Marisa Merlini, che si innamorerà del Maresciallo. Il quale però non ha occhi che per la Bersagliera, la quale non ha occhi che per il giovane carabiniere venuto dal Veneto (Roberto Risso). Rondò di amori, passioni, piccoli inganni, equivoci, cedimenti e resistenze che ha una leggerezza, un’impalpabilità viennese, schnitzleriana, però in modi e nei toni apparentemente plebei. Il film, di immane successo, darà il vita a una vera e propria serie, antenata dei franchise odierni. Nel terzo capitolo Pane, amore e gelosia la Loren prenderà il posto della Lollo. Stasera, rivedendo il primo capitolo della saga, si pensi a Luigi Comencini, di cui in questo 2016 d si celebra il centanario della nascita.
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