Ricomincio da me (Finding Your Feet), un film di Richard Loncraine. Con Imelda Staunton, Timothy Spall, Celia Imrie, David Hayman. Sezione Festa Mobile. Film d’apertura del TFF35.
Dal cinema inglese un altro film su terza e quarta età sulla scia dei vari Marigold Hotel. Due sorelle sui 60, una schifiltosa e conformista, l’altra eterna ribelle bohemian. Son baruffe e musi reciproci, poi sarà alleanza. Di quei film in cui i nuovi anziani fanno cose e vedono gente, si innamorano, viaggiano, ballano ecc. Garbato in apparenza e invece ferocemente normativo. Voto 4 e mezzo
Gli inglesi continuano con i loro cineprodotti per oldies dopo gli scintillanti successi in sterline, euro e dollari dei vari Marigold Hotel e dopo qualche mezzo successo come Quartet (diretto da Dustin Hoffman). Ormai un genere codificato. Con dentro anziani e anzianissimi indomiti e indomabili, che non mollano mai, che non si arrendono alle malattie e al decadimento fisico, figuriamoci alla morte, e continuano pugnaci a innamorarsi, ballare, viaggiare, sbattersi, fare cose e vedere gente. La retorica insopportabile del non è mai troppo tardi che costringe anche gli acciaccati dalla vita a fingersi giovani per sempre, pueri eterni. Le eroine solite, le star indiscusse di questo filone aurifero (rivolto al pubblico dei pensionati, rimasti i soli ad andare al cinema pagando il biglietto), vale a dire le signorissime Maggie Smith e Judi Dench, qui sono assenti, impegnate su altri set e forse, ultraottantenni come sono, non più così vogliose di sbattersi. Sicché a raccoglierne lo scettro ecco avanzare l’attrice-feticcio di Mike Leigh Imelda Staunton, cui si apre con questo Ricomincio da me (orrendo titolo italiano) almeno un decennio di ruoli assicurati nel genere. La storia di questo Finding Your Feet è la solita storia, con in più qualche tocco audacemente – si fa per dire – bohemian rispetto ai modelli già visti. Signora matura (Stanton) scopre che il marito la tradisce da anni con la migliore/peggiore amica. Lo molla, scappa dalla ricca magione, si rifugia nella casa popolare dove abita la sorella single ribelle da sempre. Una che marciava, figuriamoci, contro la bomba ai tempi di Bertrand Russell (e pure della giovanissima Vanessa Redgrave) e che adesso continua a marciare per altre svariate presunte giuste cause. Oltre che farsi canne e fare sesso. E dunque ecco la contrapposizione sdatatissima tra conformista e anticonformista, a innescare prevedibili situazioni e stuazioncine narrative, baruffe, scontri, musi, rinfacci, e se una è frigida e repressa l’altra è liberissima, gaudente e perfino bisexual. Cose così, ecco. Con un signore quasi-vedovo (il quasi lo capirete in corso di film) che vive su un barcone e riesce a far battere il cuore all’altezzosa – lui è Timothy Spall, rocciosa icona del cinema british dopo il Turner di Mike Leigh. Si va a scuola di ballo, a dimenarsi con partner altrettanto anziani (almeno, signore mie, prendetevi come compagno danzereccio un toyboy). Ci sarà pure uno spettacolo a Roma del corpo di ballo over 60, pretesto per pubblicizzare il bell’hotel ospitante e la città tutta. Si sorride, come no. Film garbato di pura confezione e qualità britannica, con interpreti sublimi e dialoghi scritti come Dio comanda. E però che profusione di cliché, che banalità di pensiero. E smettiamola con simili film che, proclamandosi virtuosamente dalla parte dei vecchi e del loro diritto alla vita attiva e al godimento (anch sessuale), mascherano invece una nuova, feroce ideologia. Quella che obbliga e intima a essere sempre, a qualunque età e a qualunque costo, giovanili, scattanti, performanti, competitivi. Firma Richard Loncraine, regista parecchi anni fa del Riccardo III in divise nazi con Ian McKellen e qui riconvertito alle tazze da tè del medio cinema inglese.
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